Il professor Stefano Gresta presidente Ingv fa il punto oggi durante una conferenza stampa a Roma nella sede dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sul terremoto di questa notte nel Nord d’Italia che ha fatto sei vittime. La sequenza sismica di Modena-Ferrara ha interessato un’area a pericolosità medio-bassa della penisola italiana. L’evento più forte è avvenuto alle 4:03 del 20 maggio e ha avuto magnitudo Richter (Ml) 5.9 (Mw5.9). La replica più forte è avvenuta alle 15:18 del 20 maggio, con Ml 5.1 (Mw5.0). Finora sono state localizzate oltre 100 repliche, di cui 6 di magnitudo compresa tra 4 e 5; 27 di magnitudo tra 3 e 4, e oltre 75 di magnitudo inferiore. La sismicità si distribuisce lungo un’area allungata per circa 40 km in direzione est-ovest. I terremoti più forti della sequenza sono dovuti a un fenomeno di compressione attiva in direzione nord-sud, legato alla spinta dell’Appennino settentrionale verso nord, al di sopra della placca adriatica. L’estensione della zona attiva, confrontata con la magnitudo degli eventi principali, suggerisce che ad essersi attivato sia un sistema di faglie complesso, e non una singola faglia. La sequenza sismica ha interessato la regione padana, già sede di terremoti rilevanti nei mesi passati. In particolare, a gennaio 2012 la zona appenninica di Reggio Emilia e Parma fu colpita da terremoti di magnitudo 4.9 e 5.4, a distanza di pochissimi giorni. I due terremoti di gennaio, sebbene avvenuti a profondità molto diverse (30 e 60 km) rispetto ai 6-8 km di quelli odierni, sono anch’essi legati ai movimenti della stessa “microplacca adriatica”, che negli ultimi mesi ha avuto un’attività piuttosto intensa. Le informazioni storiche per l’area sismogenica attivatasi oggi, evidenziano un’attività non molto frequente, con alcuni terremoti significativi nelle aree adiacenti. In particolare, un evento sismico che appare simile a quello odierno colpì Ferrara nel 1570, causando danni fino all’ottavo grado Mercalli (MCS). Un altro evento storico di interesse, studiato di recente, è quello avvenuto nel 1639 con epicentro nei pressi di Finale Emilia, ove produsse effetti del VII-VIII grado MCS. L’INGV sta seguendo il fenomeno dalla sala di monitoraggio sismico. Inoltre, alcune squadre di sismologi e geologi sono sul campo per le verifiche degli effetti del terremoto e per installare strumenti che permettano un monitoraggio ancora più dettagliato del fenomeno.
Terremoto, INGV: “non possiamo escludere altre forti scosse”
MeteoWeb