La pirateria è spesso raccontata nei film o nelle storie d’avvenura, e affascina soprattutto i ragazzi che sognano di vivere una storia legata al ritrovamento di tesori nascosti. In realtà si tratta di un problema serio, pericoloso e costoso per la navigazione commerciale, soprattutto in alcune aree del mondo. Una di queste è l’Oceano Indiano, dove attacchi e dirottamenti da parte di pirati somali nelle acque al largo del Corno d’Africa, sono fortemente aumentati negli ultimi anni e non mostrano alcun segno di declino. I pirati somali rappresentano oltre la metà degli attacchi di tutto il mondo. E mentre ogni anno questi episodi continuano ad aumentare, il 2011 ha visto un calo del 40% rispetto all’anno precedente, rappresentando un’eccezione. Questo trend potrebbe essere dovuto ad una serie di fattori, quali una maggiore sicurezza, ma in uno studio del New Zealand Defence Force (NZDF), i satelliti hanno mostrato che il clima ha un ruolo da protagonista in questi dati. Utilizzando le informazioni provenienti dal progetto GlobWave dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che compila i dati satellitari in merito alle onde dell’oceano, i fattori climatici sono stati esaminati a fianco degli espisodi di pirateria nell’Oceano Indiano. A causa di problemi legati alla sicurezza nella regione, i dati di Terra erano praticamente indisponibili, rendendo i dati del progetto GlobalWawe le uniche informazioni possibili sul vento e sul moto ondoso dell’area. Lo studio ha evidenziato una forte correlazione tra l’attività dei pirati e le condizioni meteorologiche, soprattutto basati sulla velocità del vento e sull’altezza delle onde. La stagione estiva dei monsoni, da Giugno a Settembre, quando le condizioni meteorologiche sono generalmente cattive, ha visto un calo significativo nell’attività dei pirati. Questa correlazione è probabilmente dovuta alla difficoltà di varo delle imbarcazioni pirata dalle spiagge quando le condizioni del mare sono cattive.