L’ultima clamorosa leggenda metropolitana che però, purtroppo, impazza sul web e soprattutto sui social network, è davvero incredibile: secondo i più accaniti teorici del complottismo, il terremoto che il 20 maggio scorso ha colpito la pianura Padana non è stato, in realtà, di magnitudo 5.9 ma molto più forte. Quanto? Non si sa. C’è chi parla di 6.0, chi di 6.5, chi addirittura di 7.0. Ovviamente non sono esperti, studiosi o scienziati. Ma neanche appassionati, o persone con un minimo di intelletto: basterebbe davvero una licenza media per capire che un terremoto più forte avrebbe provocato danni ben più ingenti e lutti molto più numerosi rispetto a quanto accaduto in Emilia Romagna, ma i “fan” del complotto non si placano e dopo le bislacche teorie, di cui restano convinti, sulle scie chimiche, sul clima modificato artificialmente, sul fracking e quindi anche sui terremoti provocati artificialmente (ne abbiamo già parlato e abbiamo categoricamente smentito quest’ipotesi con spiegazioni concrete e dati di fatto inequivocabili), adesso si fiondano sul “complotto della magnitudo“. Ma da chi ci dice che l’uomo non è mai andato sulla luna (“una messa in scena cinematografica…“), che gli Stati Uniti d’America si sono auto-attentati l’11 settembre nel tragico giorno delle Torri Gemelle, che Bin Laden in realtà non è mai stato ucciso ecc. ecc., non ci può sorprendere più nulla.
La teoria è semplice: è stato il Governo a imporre all’Ingv (!!) di divulgare una magnitudo di 5.9, perchè altrimenti, dal 6° grado in poi, è costretto ad avere a carico integralmente tutti i costi della ricostruzione. Peccato che la normativa è chiarissima in tal senso e si riferisce sì al 6° grado, ma della scala Mercalli, quella che si calcola in base ai danni sul territorio e non sull’intensità del terremoto. Insomma, il problema non si pone affatto.
“Sui Castelli Romani, un terremoto di magnitudo 4.5 provocherebbe danni superiori al 6° grado della scala Mercalli; in alcune zone del Giappone dove si è costruito bene, un terremoto di magnitudo 7.0 non provocherebbe alcun danno quindi non sarebbe neanche classificabile sulla scala Mercalli. La norma considera giustamente il risentimento macrosismico, e non l’intensità in sè del terremoto perchè se il terremoto, per quanto forte, non provoca danni, non bisogna ricostruire nulla. Invece se è debole ma butta giù le case, c’è comunque il problema sociale, a prescindere dalla magnitudo“, ci ha spiegato stamattina il sismologo dell’Ingv Francesco Mele, precisando che “il terremoto del 20 maggio e poi anche quello del 29 nella pianura Padana Emiliana è stato superiore al 7°/8° grado della scala Mercalli”, quindi rientra assolutamente tra quei terremoti classificati ‘gravi’, di cui lo Stato deve occuparsi totalmente per la ricostruzione, a prescindere dalla magnitudo sulla scala Richter. Che, comunque, è stata 5.9. Perchè l’Ingv di minchiate non ne dice, da che mondo è mondo. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia è un’eccellenza internazionale, riconosciuta e rispettata anche nei Paesi più evoluti e avanzati. Gli studiosi e gli esperti che ci lavorano godono di un’eccezionale fama mondiale e rappresentano uno dei tanti motivi d’orgoglio del nostro Paese.
La teoria è semplice: è stato il Governo a imporre all’Ingv (!!) di divulgare una magnitudo di 5.9, perchè altrimenti, dal 6° grado in poi, è costretto ad avere a carico integralmente tutti i costi della ricostruzione. Peccato che la normativa è chiarissima in tal senso e si riferisce sì al 6° grado, ma della scala Mercalli, quella che si calcola in base ai danni sul territorio e non sull’intensità del terremoto. Insomma, il problema non si pone affatto.
Non è una cosa, in sostanza, si cui è in grado di occuparsi “l’uomo qualunque”, con tutto il rispetto. Ma la scienza esiste per questo, e in Italia l’Ingv rappresenta un’autorità assoluta in tal senso. Metterla in discussione è assolutamente patetico.