Nelle aule di tutto il mondo si insegna agli studenti che il tasso di decadimento di uno specifico materiale radioattivo è una costante. Questo concetto viene invocato, per esempio, quando gli antropologi utilizzano il carbonio-14, o quando i medici determinano la giusta dose di radioattività per curare un malato di cancro. Sin qui nulla di nuovo. Recentemente però tale ipotesi è stata contestata in modo inaspettato da un gruppo di ricercatori della Purdue University, che all’epoca erano più interessati a numeri casuali di decadimento nucleare (Gli scienziati usano lunghe stringhe di numeri casuali per una varietà di calcoli, difficili da produrre, poiché il processo utilizzato per produrre i numeri ha un’influenza sul risultato). Ephraim Fischbach, un professore di fisica all’Università di Purdue, stava cercando il tasso di decadimento radioattivo di isotopi diversi come una possibile fonte di numeri casuali generati senza alcun intervento umano (un pezzo di cesio radioattivo-137, per esempio, può decadere ad un tasso costante nel complesso, ma i singoli atomi all’interno del nodulo decadranno in modo imprevedibile, in un modello casuale). Dalle verifiche dei dati raccolti presso il laboratorio Nazionale di Brookhaven a Long Island e presso l’Istituto federale di fisica e tecnica in Germania, è emerso qualcosa di ancora più sorprendente: l’osservazione a lungo termine del tasso di decadimento del silicio-32 e del radio-226, sembrava mostrare una piccola variazione stagionale, con una velocità maggiore in inverno che in estate. Una vera e propria fluttuazione che sapeva di mistero. Frutto di un problema tecnico da parte degli equipaggiamenti utilizzati? Ne erano tutti convinti.
CORRELAZIONI SOLARI – La notizia risale all’anno scorso, ma ha preso nuovamente piega in questi giorni. Torniamo un pò indietro nel tempo, al 13 Dicembre 2006. Il Sole in quel frangente fornì un indizio cruciale, nel momento in cui si verificò un brillamento solare che inviò un flusso di particelle verso la Terra. L’ingegnere nucleare Jere Jenkins, mentre misurava la velocità di decadimento del manganese-54, un isotopo utilizzato nella diagnostica medica, notò che il tasso di decadimento era leggermente diminuito durante il flare. Una diminuzione cominciata circa un giorno e mezzo prima. Se questa correlazione apparente fosse stata dimostrata, avrebbe portato ad un metodo di previsione dei brillamenti solari, prevenendo danni a satelliti e reti elettriche, oltre a salvare la vita agli astronauti nello spazio. La sopresa arrivò quando si scoprì che il decadimento dei tassi di aberrazioni che Jenkins aveva notato, si erano verificate durante la metà della notte in Indiana – il che significò che qualcosa prodotto dal Sole aveva viaggiato lungo tutto il percorso per raggiungere i ‘rivelatori’. Gli ingegneri cominciarono a sospettare che i colpevoli potessero essere probabilmente i neutrini solari, le particelle quasi senza peso che volano ad una velocità prossima a quella della luce. Ma ulteriori articoli dimostrarono che il decadimento era altamente improbabile, e che doveva essere generato da influenze ambientali sulle rilevazioni.
I SOSPETTI – Ma gli scienziati non si sono mai dati per vinti, e sono riusciti a rafforzare la tesi secondo cui il decadimento doveva essere causato dai neutrini solari. Le oscillazioni sembravano essere in sintonia con l’orbita ellittica della Terra, nel movimento di allontanamento e di vicinanza della Terra rispetto al Sole. Un ottimo indizio ma che non poteva probabilmente dimostrare niente. Più tardi, molto più recentemente, tornando a dare un’altra occhiata ai dati di decadimento del laboratorio di Brookhaven, i ricercatori hanno trovato un modello ricorrente di 33 giorni. E’ stata un pò una sorpresa, dato che la maggior parte delle osservazioni solari mostrano nella velocità di rotazione della superficie del sole, un modello di circa 28 giorni. La spiegazione? Il nucleo del sole – in cui le reazioni nucleari producono neutrini – gira più lentamente rispetto alla superficie che vediamo, per cui il modello si riferisce al periodo di rotazione del nucleo del sole.
UNA PARTICELLA SCONOSCIUTA? – Ma c’è una domanda rimasta senza risposta. Nessuno sa come i neutrini possano interagire con i materiali radioattivi in modo da cambiare il tasso di decadimento.
“Non ha senso in base alle idee convenzionali“, ha detto Fischbach. E’ un effetto che nessuno capisce, almeno per ora. I fisici si stanno cominciando a chiedere cosa stia realmente accadendo. Qualcuno ha ipotizzato che la possibilità di questo evento inatteso possa essere dovuto ad una particella sconosciuta emessa dal Sole. “Sarebbe davvero notevole”, afferma Sturrock, professore emerito di fisica applicata e un esperto sul funzionamento interno del Sole. Se la Particella non fosse un neutrino, sarebbe qualcosa che ancora non conosciamo. Una particella che viene emessa dal Sole e ha questo effetto, e sarebbe ancora più notevole.