Raggiungere i quattro chilometri di profondita’ ed entrare nelle profondita’ del vulcano dei Campi Flegrei partendo dall’ex area industriale dell’Italsider di Bagnoli, zona occidentale di Napoli. In questo consiste il ‘Campi Flegrei deep drillig project’, programma internazionale coordinato dall’Istituto di geofisica e vulcanologia – Osservatorio vesuviano, approvato e finanziato dall”International continental drilling program’, consesso scientifico mondiale che opera nel campo delle perforazioni profonde. Il progetto era pronto a partire gia’ nel 2010 quando pero’ fu bloccato dall’allora sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino a causa del fattore di rischio che tale operazione comportava. “Senza la certezza che non ci sono pericoli non si trivella da nessuna parte. Quando si va a ‘sfruculiare’ un terreno vulcanico bisogna assicurarsi che non succeda nulla”, dichiaro’ Iervolino. E anche oggi c’e’ chi si dichiara contrario al progetto e promette di fare di tutto per impedire che le trivelle inizino a scendere giu’ nelle viscere della terra. Il ‘Campi Flegrei deep drilling project’ consistera’ nella realizzazione di un pozzo pilota a 500 metri di profondita’, cui seguira’ quello che raggiungera’ in seguito i 4 chilometri se ci sara’ la possibilita’ di raggiungere liquidi geotermici ad alta temperatura utilizzabili per studiare il sottosuolo e per produrre energia pulita e rinnovabile. Questo nelle intenzioni manifestate dall’Ingv, contro le quali si alza la voce di parte della comunita’ scientifica e del mondo delle associazioni e dei movimenti napoletani.
“C’e’ differenza tra pericolo e rischio: quest’ultimo e’ legato alla popolazione esposta e l’area che sara’ soggetta alla perforazione presenta un rischio enorme”, dichiara all’ADNKRONOS il professor Benedetto De Vivo, docente di Geochimica ambientale alla Federico II di Napoli. “Queste operazioni non si fanno nelle citta’ – aggiunge – non c’e’ nessun rapporto costo-beneficio che giustifichi il vantaggio presunto dell’operazione, quale esso sia. Bisogna smetterla con il mito della scienza e dell’infallibilita’ della tecnologia, la natura non siede ai nostri tavoli scientifici e non risponde dei nostri calcoli del rischio”. La ricerca, sottolinea, apparirebbe inutile in quanto “dei Campi Flegrei si sa gia’ tutto grazie alle perforazioni effettuate dall’Agip negli anni ’70 e ’80, e sappiamo che non si puo’ ottenere energia a causa della composizione dei fluidi ad alta salinita'”. Il Dipartimento di Scienze della terra della Federico II, aggiunge, “ha chiesto notizie specifiche al sindaco sul progetto, ma senza ricevere alcuna risposta. In assenza di un piano di evacuazione qualcuno deve assumersi la responsabilita’ di rispondere delle conseguenze, anche se la probabilita’ e’ bassissima”. Il dibattito ha coinvolto anche gli ambienti interni del’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia: Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Osservatorio vesuviano, ha posto l’attenzione sulla mancanza di un piano di emergenza, che preveda oltre al rischio sismico anche quello vulcanico e industriale, parlando di “azzardo” nella perforazione di un’area della quale “abbiamo molte informazioni” ottenute attraverso le trivellazioni dell’Agip.
“Chi decide di autorizzare in un’area densamente popolata decide in modo arbitrario che la collettivita’ possa essere esposta a un rischio, e non so se la cittadinanza sia d’accordo considerando che non esiste un piano di emergenza”, ha dichiarato Mastrolorenzo. Per l’Ingv, che ha risposto a quanto affermato dal vulcanologo attraverso un comunicato, il progetto e’ “di pura ricerca scientifica” e “ha come obbiettivo la mitigazione del rischio vulcanico nell’area flegrea attraverso un sostanziale miglioramento della conoscenza della struttura vulcanica e dei meccanismi di attivita’, con particolare riguardo ai fenomeni bradisismici, attraverso l’installazione in pozzo di sistemi di monitoraggio innovativi”. Nessuna necessita’ di un piano di emergenza per “un carotaggio di 500 metri”, sostiene Ingv, nonostante sulla prima fase del progetto siano poche le perplessita’ della comunita’ scientifica, a differenza della seconda, che si propone di raggiungere i 4 chilometri di profondita’. Il chiarimento non ha convinto associazioni e movimenti che si stanno opponendo al progetto di perforazione. Il progetto ‘Salviamo i Campi Flegrei – No alle trivellazioni’ si raccoglie intorno all’impegno del cantante Eddy Napoli, al secolo Eduardo De Crescenzo, con in prima linea i Verdi, Insorgenza civile, il movimento Vanto, Comitati Due Sicilie, Movimento Neoborbonico, Comitato civico Fuorigrotta vivibile, Insieme per la rinascita e L’altoparlante.
Insieme, venerdi’ 27 luglio, terranno una conferenza stampa al Gran Caffe’ Gambrinus per spiegare le ragioni dell’opposizione al ‘Campi Flegrei deep drilling project’ e presentando nuove azioni di protesta. Da par suo Carmine Attanasio, consigliere comunale di Napoli dei Verdi, annuncia di portare un ordine del giorno sull’argomento in occasione della riunione del Consiglio del 25 luglio, nonostante la discussione sul progetto non sia stata calendarizzata. Il commissario regionale campano dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, sottolinea all’ADNKRONOS che “l’autorizzazione al progetto da parte della Protezione civile nazionale non esiste. Hanno piuttosto confermato che non c’e’ un piano di evacuazione, necessario in casi di interventi su una delle caldere tra le piu’ pericolose al mondo”. Borrelli ricorda inoltre che “non era questo il futuro che si era descritto per Bagnoli: si parlava di recupero del lungomare, di un porto e del canale per le barche a vela. Oggi ci ritroviamo con la proposta da parte del Comune della realizzazione di un sito di compostaggio e con le trivellazioni, una situazione surreale”.