La placca Indo-Australiana sotto forti sollecitazioni: secondo un gruppo di ricercatori potrebbe verificarsi una rottura

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Credit: Wikipedia.org

Ieri, 29 Luglio 2012, un terremoto di magnitudo 6.0 ha colpito l’area antistante le coste del Messico, nei pressi del confine guatemalteco, senza causare danni o vittime. Il sisma, come riportato in questo articolo, si è verificato alle 14:22 ora italiana ad una profondità di 35 chilometri. Un gruppo di ricercatori australiani ha notato che recentemente tutta la placca Indo-Australiana, una delle maggiori placche tettoniche della litosfera terrestre, sta subendo notevoli sollecitazioni, e secondo il loro parere a lungo andare si potrebbe assistere ad una sua rottura. Studi recenti indicano come la placca si stia probabilmente dividendo in due placche separate, prevalentemente a causa dello stress tettonico causato dalla collisione tra la stessa placca e l’Eurasia, lungo l’asse dell’Himalaya, per cui questa ricerca ci fornisce importanti informazioni circa le tensioni che stanno guidando questo lento processo della tettonica delle placche. La ricerca è importante anche per comprendere i terremoti più piccoli che si verificano lontano dai bordi della stessa, come quello del 1989 di Newcastle che causò la morte di 13 persone. Secondo Mike Sandiford, dell’Università di Melbourne, si tratterebbe di una debole attività tettonica che ha colpito il continente australiano negli ultimi 5-10 milioni di anni.

La struttura della Terra

La Terra è costituita da una serie di strati. Lo strato più esterno è chiamato crosta e il più interno nucleo. In mezzo si trova una zona denominata mantello (a sua volta costituito da mantello superiore e inferiore), che è probabilmente il più importante quando si tratta di capire dove si verificano i forti terremoti. La parte esterna della Terra, che comprende la crosta e primi 100 km o giù di lì del mantello (chiamata litosfera), consiste in una raccolta di otto grandi placche che quasi si incastrano perfettamente tra loro. I continenti e gli oceani si trovano su queste placche tettoniche, che galleggiano sul lato inferiore del mantello. Correnti di convezione all’interno dello strato del mantello superiore sono una grande forza motrice del movimento delle placche e quindi causa dell’attività sismica. Le sezioni inferiori del mantello più vicine al nucleo fuso della terra sono anche le parti più calde di questo strato. Queste parti iniziano a salire attraverso lo strato (proprio come l’aria calda in atmosfera) fino a raggiungere la litosfera. Qui, non potendo andare oltre, si estendono lungo la superficie. Nel movimento di risalita si raffreddano e raggiungono finalmente un punto in cui si trasformano e cominciano a fluire nuovamente verso il basso, portando con sé parti più antiche della litosfera oceanica che scende di nuovo nel mantello lungo le fosse oceaniche profonde nelle zone di subduzione. Così la convezioneprovoca un lento capovolgimento del mantello. Il movimento è molto lento, paragonabile al tempo che ci vuole alle unghie per crescere, ma può portare a movimenti di grandi dimensioni tra le placche adiacenti. Questo movimento genera enormi quantità di energia, generando in tal modo grandi terremoti. Quando due placche adiacenti si scontrano, quella con la crosta oceanica tende a presentarsi sotto l’altra. Le parti singole che si estendono verso il basso nel mantello e sotto una placca adiacente, sono chiamate le lastre di subduzione. Poiché queste lastre litosferiche sono più fredde e più dense del mantello che le circonda, tendono ad affondare, tirando a sè la placca a cui sono allegate.

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Il Professor Sandiford ed i suoi colleghi hanno esaminato le sollecitazioni generate lungo due segmenti della lastra di subduzione nella zona di subduzione tra la placca Indo-australiana e i confini della placca eurasiatica. Queste zone sono rispettivamente Sumatra e Java. Hanno poi modellato l’energia generata da queste zone di subduzione cercandone di comprenderne la distribuzione e hanno trovato che circa il 90 per cento dell’energia liberata dalla subduzione al di sotto dell’Indonesia viene dissipata nelle profondità della Terra. Il restante 10 per cento dell’energia viene trasmessa nuovamente nella placca Indo-Australiana. La ricerca, che è stata condotta in collaborazione con Wouter Pieter Schellart della Australian National University, e David Coblentz del Los Alamos National Laboratory negli Stati Uniti, è stata pubblicata sulla rivista Geology.

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