Australia: in arrivo un avanzato sistema di allarme tsunami

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Nei prossimi mesi gli scienziati di Geoscience Australia, l’agenzia del governo federale australiano, attiveranno sul territorio un avanzatissimo sistema di allarme che permetterà previsioni accurate sugli tsunami.  Secondo i ricercatori si tratta del primo apparato sismico al mondo progettato per permettere alle autorità di formulare previsioni accurate sulla probabilità di sviluppo e sulla direzione di marcia dei maremoti. Il sistema, che verrà installato nella polvere rossa della regione di Pilbara, nell’Australia occidentale, monitorerà i terremoti che si verificano intorno all’oceano Indiano e lungo l’arcipelago indonesiano. L’apparato sismico consiste in una rete di sismografi che registrano forza e durata dei terremoti. Essi sono disposti in uno schema geometrico al fine di aumentarne la sensibilità agli eventi sotterranei. I dati saranno trasmessi in tempo reale al nuovo centro di allarme tsunami di Melbourne e a quello di Geoscience Australia di Canberra. Un terzo dei terremoti di tutto il mondo si verifica lungo il confine della placca indo-australiana, e l’impatto verso queste aree vulnerabili potrebbe risultare significativo; ecco perché l’area necessità di un buon sistema di allarme. Tra il terremoto indonesiano del 2004 e quello dello scorso 11 Aprile 2012 nell’Oceano Indiano, si sono notate significative differenze nella risposta della popolazione a questi eventi. Nell’ultimo evento di magnitudo 8.6, sono state evacuate rapidamente le coste anche grazie alla messa in atto di un sistema di allerta e monitoraggio. C’è da dire che l’evento del 2004 che uccise 230.000 persone si verificò ad una profondità molto più superficiale e circa due volte più vicino dall’isola indonesiana di Sumatra, dove la popolazione ebbe poco tempo per organizzarsi, semmai qualcuno avesse provato a farlo. Otto anni fa la stragrande maggioranza delle vittime non aveva idea di cosa fosse un pericolo tsunami, a tal punto che in tanti camminarono sulla sabbia umida proprio dove le acque si ritirarono di decine di metri prima di sommergere il territorio. Un altro fattore determinante è stato giocato dai media e dai telefoni cellulari ormai diffusi, che ha permesso di informare tempestivamente i residenti dell’imminente pericolo. Ma nonostante questo, è servita anche la fortuna, dal momento che dove non è stato possibile evitare la congestione del traffico e del caos cittadino, l’evento è stato oggettivamente meno intenso. La spiegazione è dovuta al fatto che le placche tettoniche nell’episodio recente, si sono mosse orizzontalmente, spostando meno quantità d’acqua e quindi generando onde di minor violenza. Questo ha permesso di comprendere un pericolo ancora presente, che necessita di ulteriori sistemi ancor più efficienti. Subito dopo quel catastrofico evento del 2004 la comunità internazionale ha iniziato a lavorare su sistemi di allerta per l’Oceano Indiano simili a quelli già operanti nel Pacifico, e i risultati finalmente sembrano arrivare. Il vero banco di prova arriverà soltanto con un altro evento tellurico molto violento, sperando che la terribile esperienza del 2004 possa essere servita per una svolta definitiva.

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