La tragica scomparsa del pescatore Christian Dell’Osa, il 40enne piccolo armatore uscito in mare con il suo peschereccio nonostante le condizioni proibitive e annegato, riporta alla luce la drammatica condizione del porto fluviale di Pescara. Sara’ l’inchiesta a stabilire se Dell’Osa fosse spinto a forzare il mare da questioni economiche, anche a causa del fermo di tutte o quasi le attivita’ della marineria dovuto al mancato dragaggio del porto. Proprio le condizioni del porto fluviale spingono ambientalisti ed esperti a formulare il rischio concreto di esondazione del fiume in caso di forti precipitazioni invernali. Da oltre due anni infatti non si estrae la sabbia trasportata dalla corrente e le grandi barche non possono piu’ entrare nel fiume. Danni per milioni di euro, disoccupazione, proteste, manifestazioni, interventi della magistratura per presunto inquinamento, milioni di euro previsti per rimuovere i fanghi: inutili finora le decine di riunioni con ministeri e enti locali che non sono riuscite a risolvere il problema. Una situazione quindi al limite, con una marineria allo stremo delle forze e costretta a rischiare molto. Si tratta, viene sottolineato dagli operatori, di una situazione di emergenza continua. Il mancato dragaggio ha di fatto da mesi chiuso lo scalo adriatico che fino a due anni fa garantiva lavoro. Oggi c’e’ invece un porto fantasma, con un continuo rimbalzo di responsabilita’ fra Pescara e Roma: il risultato e’ l’immobilismo. Ma proprio la perdurante emergenza (e la mancanza di lavoro) costringe sempre piu’ spesso i marittimi pescaresi ad uscire in mare per tirare avanti, rischiando (nei mesi scorsi in piu’ di una circostanza imbarcazioni si sono incagliate nelle acque del porto, senza fortunatamente subire conseguenze) anche quando le condizioni meteo, come accaduto ieri, non sono delle migliori. Ma il vero rischio e’ quello ambientale. Bruno Santori, operatore portuale parla di quello che potra’ accadere in autunno: ”Ministero dell’Ambiente e delle Infrastrutture stanno studiando soluzioni per un primo piano di interventi che dovrebbe portare a dragare fino a 300 mila metri cubi di fanghi per riportare il porto ad un minimo di agibilita’. Bisognera’ poi vedere cosa ne sara’ dei fanghi sversati e dove andranno a finire. Il 5 ottobre terminera’ il fermo biologico – spiega Santori – e dunque anche le imbarcazioni piu’ grosse torneranno in mare. La situazione e’ drammatica, ma quello che sorprende, anche alla luce del mancato dragaggio e del Piano Regolatore Portuale e’ l’incapacita’ di comprendere come il porto possa rappresentare una risorsa e una grande potenzialita’ per l’economia non solo cittadina, ma regionale”.