11.09.2001: sono passati esattamente 11 anni da quella tragedia che ha sconvolto l’occidente e calamitato le attenzioni del pianeta sul fondamentalismo islamico che, ancora oggi, continua a seminare odio in tutti i continenti.
Ma quel giorno, quel momento, quell’attimo così drammatico non si è limitato a cambiare le sorti dell’economia e della politica internazionale, ma anche del mondo di scienza e ricerca, che va di pari passo alle strategie politiche perchè promuove investimenti e tecnologie in base ai flussi di denaro e alle richieste del potere.
La rivista Scientific American, nei giorni scorsi, ha fatto il punto su come il mondo della scienza e della ricerca porti il segno di quella data. Sono stati gli studi nei campi delle scienze forensi – analisi del dna in primis -, della cosiddetta biodifesa, delle malattie infettive e della salute pubblica che hanno ricevuto la maggiore attenzione, ovviamente insieme a quelli nelle armi nucleari, nel settore energetico e nella sicurezza informatica. Anche la geologia e il settore delle infrastrutture hanno tratto beneficio dalle decisioni del Dipartimento della Sicurezza Interna (Dhs), per non parlare del fiorire di studi socio-psicologici sul terrorismo e delle analisi del rischio.
Gli investimenti destinati alla ricerca dal Dhs (creato nel 2002 proprio in risposta all’attacco di al Qaeda) hanno raggiunto il climax nel 2006, con 1,3 miliardi di dollari (che allora valevano più di quanto non valgano oggi rispetto all’euro). Cifra poi scesa a 700 milioni di dollari (circa 500 milioni di euro). Ma senza particolari ripercussioni sui progetti di ricerca in corso grazie ai fondi del Dipartimento della Difesa – finiti in studi su sistemi di rilevamento di esplosivi e su nuove armi – e gli ordinari finanziamenti delle agenzie federali, come la National Science Foundation, i National Institutes of Health e il Dipartimento di Energia. Tanto che per il 2011, complessivamente, la ricerca per la difesa nazionale ha visto entrare nelle sue casse 7,3 miliardi di dollari (più di 5 miliardi di euro).
Di come le cose siano profondamente cambiate è testimone John Butler del National Institute of Standards and Technology: nelle notti che hanno seguito l’11/9 ha sviluppato un sistema per il riconoscimento delle persone da dna degradato e inquinato. Ora Butler è a capo di una équipe ben strutturata e il suo sistema è stato usato per identificare le vittime di omicidi di massa in Africa, Bosnia, Iraq e Asia.
Questa medaglia ha più rovesci. Uno ha inciso più di altri sulla ricerca, a tutti i livelli: la scienza, negli Usa, è diventata blindata. Per esempio, un forte aumento delle regolamentazioni e dei controlli ha colpito la biomedica, per impedire che persone e materiale divenissero minacce per la sicurezza nazionale. Questo potrebbe avere rallentato i progressi in ricerche importanti sulla salute pubblica e di agraria.
Contemporaneamente, l’Usa Patriot Act del 2001 ha impedito di fatto l’ingresso nei confini statunitensi di molti scienziati e studenti, come sottolinea Albert Teich, che si è occupato dell’argomento in veste di direttore dei programmi scientifici e politici dell’American Association for the Advancement of Science. Per molti anni, l’America si è di fatto persa la possibilità di reclutare giovani e brillanti menti. Dopo il picco, nel 2003, le cose stanno ora lentamente tornando alla normalità. Ma i segni restano: “ Il muro di cemento alzato intorno ai National Institutes of Health di Bethesda è un’immagine drammatica dell’impatto del 11/9 sulla scienza”, ha commentato Teich.