In Italia e’ boom per la geotermia ma il Paese stenta a programmare e intraprendere politiche all’avanguardia nel settore delle energie come della riconversione industriale. E’ l’opinione di Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi intervenuto al Geotherm Expo di Ferrara, che ricorda come “i recenti casi di Carbosulcis ed Alcoa sono esempi di mancata programmazione”. Negli ultimi anni in Italia si e’ registrato un aumento esponenziale di richieste, “oltre 100 negli ultimi due anni, per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica, stimata in alcune centinaia di Mw di nuova potenza, da parte di imprese italiane e straniere – aggiunge – il potenziale produttivo legato a queste iniziative potrebbe addirittura superare nell’arco di soli 10 anni le previsioni del Pan, il Piano di Azione italiano per le fonti rinnovabili”. Secondo Graziano, gli sviluppi in termini di capacita’ installata vanno oltre quanto previsto dal Pan “che pure individua un aumento della capacita’ di circa 170 Mw, dal 2010 al 2020, e della produzione annua di circa 1100 Gwh, quali obiettivi per lo sviluppo dell’uso della risorsa geotermica nel settore elettrico. Le stime, anche quelle piu’ prudenti, rilevano che nel settore geotermoelettrico potrebbero essere attivati investimenti per circa un miliardo di euro nell’arco del prossimo decennio”. Ma, sottolinea Graziano, “non si potra’ conseguire il potenziale legato a queste risorse senza un quadro chiaro e definito di regole e senza superare le attuali criticita’, rappresentate dalla definizione dei regimi di incentivazione, dalla semplificazione delle procedure autorizzative, dall’accettabilita’ sociale degli impianti connessa con la riduzione del rischio minerario”. ”Purtroppo il nostro Paese stenta a programmare e ad intraprendere politiche di avanguardia, nel settore delle energie – conclude Graziano – anche in quelle di riconversione industriale, di recupero ambientale, di valorizzazione delle materie prime ed anche delle materie prime seconde, che consentirebbero di non inviare piu’ a discarica una enorme quantita’ di materie prime. Insomma mentre il mondo si avvia da tutt’altra parte, l’Italia sembra ingranare la retromarcia”. E mentre il rapporto sulle energie rinnovabili e sui cambiamenti climatici, prodotto su mandato dell’Onu dagli scienziati dell’Ipcc (Intergovernmental Panel of Clinate Change), segnala che l’80% dell’approvvigionamento energetico mondiale potrebbe essere soddisfatto entro il 2050 da fonti rinnovabili, a condizione che esse vengano sostenute da “politiche pubbliche corrette”, “l’Italia punta ancora prevalentemente sul petrolio, continuando ad offrire il nostro mare e royalties non da poco alle compagnie petrolifere”, conclude.