Recenti studi hanno dimostrato come anche lungo l’equatore si possono sviluppare delle onde planetarie che presentano le stesse caratteristiche delle famose “onde di Rossby”, quelle grandi ondulazioni su scala regionale che si sviluppano lungo i “meandri” prodotti nel ramo principale della “Jet Stream”, per improvvisi rallentamenti di velocità di quest’ultima. Come sappiamo nella meteorologia sinottica le “onde di Rossby” hanno un ruolo fondamentale, determinando la formazione delle aree anticicloniche e cicloniche alle medie latitudini, a secondo che la curvatura intrapresa del getto sia di tipo orario (promontorio anticiclonico) o antiorario (saccatura e ciclogenesi). Anche lungo la fascia equatoriale, tra l’alta troposfera e lo strato più basso della stratosfera, si possono formare delle analoghe onde planetarie che però tendono a muoversi da est ad ovest, creando diverse aree di disturbo, con importanti influenze sullo stato del tempo. In genere le onde equatoriali si suddividono in “onde atmosferiche” e “onde oceaniche”. Le “onde atmosferiche” hanno un influenza diretta nella troposfera e producono delle aree di convezione organizzata che si propagano da est ad ovest. Le “onde oceaniche” invece hanno un influenza diretta sui flussi eolici nei bassi strati, indebolendo o inibendo il flusso dei venti Alisei che possono subire delle variazioni di intensità e direzione. Le onde equatoriali svolgono un ruolo importante nella evoluzione di importanti fenomeni climatici come “El Nino” e “La Nina”. Ma la loro caratteristica principale è quella che le vede formarsi proprio in prossimità dell’equatore per poi iniziare a decadere man mano che salgono di latitudine. Difatti, allontanandosi dall’equatore, queste onde cominciano a rallentare la loro velocità di propagazione, fino a divenire molto lente, allungando i tempi di persistenza sull’area tropicale.
Oltre alle “onde atmosferiche” e alle “onde oceaniche” esistono due sottospecie di onde equatoriali, note come “onde di Yanai” e l’equatoriale “onda di Kelvin”, che ha ruolo fondamentale nello sviluppo di fenomeni atmosferici molto importanti, come “El Nino” o “La Nina“. Le “onde di Kelvin” di solito sono il segnale precursore della nascita di “El Nino”. Studi recenti hanno potuto dimostrare come la “Madden-Julian oscillazione”, in sigla detta pure “MJO” (pattern climatico di variabilità atmosferica della fascia equatoriale che consiste nel lento movimento di un nucleo di precipitazioni molto intense, con forte attività convettiva organizzata, che si spostano da Est ad Ovest), in azione sull’oceano Indiano può innescare una “onda Kelvin” che si propaga verso est, seguendo un ciclo di oltre 30-60 giorni, con la liberazione di una intensa quantità di calore latente sprigionato dall‘intensa attività convettiva legata proprio alla “MJO“. Il campo di pressione medio-basso presente sull’oceano Indiano meridionale, li dove agisce la “MJO”, si propaga gradualmente verso est, in direzione del Pacifico settentrionale, producendo una sostenuta ventilazione dai quadranti occidentali che inibisce il flusso regolare dei venti Alisei nella fascia tropicale dell‘oceano Pacifico. Questi venti occidentali sono in grado di trasferire dal Pacifico occidentale al Pacifico orientale un’“onda di Kelvin“, che in questo caso va identificata come una grande striscia di acque molto calde, che scorrono ad una profondità di circa 150 metri, lungo una direttrice ovest est. Questa onda può essere osservata in superficie da un leggero aumento in altezza della superficie del mare, di circa 8 cm, e un sensibile aumento delle temperature delle acque superficiali su un’area estesa per centinaia di miglia.
Quando questa “onda di Kelvin” colpisce la costa del Sud America, in prossimità dell’Ecuador e della costa peruviana, l’acqua calda finisce sopra il ramo principale della fredda corrente marina di Humbold, che dai mari sub-antartici risale fino alle isole Galapagos bordando tutta la costa sud-americana. L’incontro con la fredda corrente marina di Humbold provoca una brusca deviazione verso nord del flusso di masse d‘acqua molto calde provenienti dal Pacifico, creando una vasta area di acque calde in superficie che si distende verso il golfo di Panama e le coste pacifiche dell’America centrale. Questa corrente di acque calde, spinte dall’”onda di Kelvin”, può spingersi fino alle coste del Messico settentrionale e della California, causando un impennata delle precipitazioni nelle suddette aree costiere, visto la maggior quantità di calore latente messo a disposizione dalla superficie oceanica.
L’arrivo dell’onda di solito viene preannunciato dall’anomalo riscaldamento della superficie oceanica riscontrato dalle oltre 70 boe oceanografiche, in gran parte gestite dal NOAA, piazzate lungo l’intera larghezza dell’Oceano Pacifico, da Papua Nuova Guinea fino alle coste dell’Ecuador. I sensori di temperatura sono posti a diverse profondità lungo le boe oceanografiche e sono quindi in grado di registrare la temperatura sotto la superficie dell’acqua, a diverse profondità. Tali sensori inviano i loro dati in tempo reale, tramite il satellite, ai computer della NOAA che verificano successivamente la qualità dei dati inviati. Se si riscontra che nel giro di 3 mesi le temperature delle acque superficiali del Pacifico orientale sono aumentate di oltre i +1.5°, rispetto le medie stagionali, allora è chiaro che il fenomeno di “El Nino” è partito, con tutte le conseguenze teleconnettive su scala planetaria. In questi mesi l’attivazione di una nuova “onda di Kelvin”, partita dal Pacifico occidentale, sta continuando a spingere in direzione del Pacifico centro-orientale masse d’acque molto calde, che stanno provocando un brusco riscaldamento superficiale del Pacifico equatoriale centro-orientale, dove è in atto un “Nino” in posizione “West based”, che sta contribuendo a riscaldare le aree continentali dell’America meridionale, dove solo qualche settimana fa sono state registrate le prime temperature massime over +40° tra Bolivia orientale e sud del Brasile. Ma il proseguo del fenomeno di “El Nino”, soprattutto per quel che concerne la sua intensità, dipenderà dalle anomalie riportate dalla “Madden-Julian oscillazione”, che almeno fino all’ultima settimana di Settembre tenderà a rafforzarsi sopra l’oceano Indiano centro-occidentale, dove da giorni si riscontra una vasta area di convezione ben organizzata che si estende fino alle coste meridionali dell’India e all’area del Golfo del Bengala.