Questa corrente di acque calde, spinte dall’”onda di Kelvin”, può propagarsi fino alle coste del Messico settentrionale e della California, causando un impennata delle precipitazioni nelle suddette aree costiere, visto la maggior quantità di calore latente messo a disposizione dalla superficie oceanica. L’arrivo dell’onda di solito viene preannunciato dall’anomalo riscaldamento della superficie oceanica riscontrato dalle oltre 70 boe oceanografiche, gestite dal NOAA (con l’aiuto del Giappone, Corea, Taiwan, e Francia), piazzate lungo l’intera larghezza dell’oceano Pacifico, da Papua Nuova Guinea fino alle coste dell’Ecuador. I sensori di temperatura sono posti a diverse profondità lungo le boe oceanografiche e sono quindi in grado di registrare la temperatura sotto la superficie dell’acqua, a diverse profondità. Tali sensori inviano i loro dati in tempo reale, tramite il satellite, ai computer della NOAA che verificano successivamente la qualità dei dati inviati. Se si riscontra che nel giro di 3 mesi le temperature delle acque superficiali del Pacifico orientale sono aumentate di oltre i +1.5°, rispetto le medie stagionali, allora è chiaro che il fenomeno di “El Nino” è partito, con tutte le conseguenze teleconnessive su scala planetaria. In questi mesi l’attivazione del’“onda di Kelvin”, partita dal Pacifico occidentale, sta continuando a spingere in direzione del Pacifico centro-orientale masse d’acque molto calde, che stanno provocando un brusco riscaldamento superficiale del Pacifico equatoriale centro-orientale, dove è in atto un “Nino” in posizione “West based”, che sta contribuendo a riscaldare le aree continentali dell’America meridionale, dove solo qualche settimana fa sono state registrate le prime temperature massime over +40° +42° tra Bolivia orientale e sud del Brasile.
Sul Pacifico equatoriale l’onda di Kelvin che precede “El Niño” sta per raggiungere le coste sud-americane, in inverno il fenomeno raggiungerà la massima intensità con le prime conseguenze planetarie
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