Come abbiamo avuto già modo di spiegare in un precedente articolo di meteo didattica, fra i principali indici climatici troviamo pure la “QBO“, conosciuta come la “Quasi Biennial Oscillation“ o “Venti di Singapore”. Tale indice mette in evidenza l’oscillazione dei venti zonali equatoriali a livello stratosferico, i quali variano alternativamente la loro direzione, spirando sia da Est (“Easterlies“) per provenire successivamente da Ovest (“Westerlies“), secondo un periodo che in media dura circa 28-29 mesi. Tale variazione non è sempre regolare, tanto da poter mutare dai 20 ai 36 mesi. Secondo recenti studi i venti che spirano a livello stratosferico, sopra l’area equatoriale, subiscono periodici mutamenti che si propagano gradualmente fino alla parte più bassa della stratosfera, raggiungendo i confini più elevati della troposfera, che tra la fascia tropicale e quella equatoriale può superare i 16 – 18 km di altezza, data la notevole portata dei moti convettivi. Questa alternanza nel regime dei venti inizia nella parte centrale della stratosfera per poi estendersi progressivamente, per circa 1 Km al mese, fino alla parte più elevata della tropopausa tropicale. Ma la storia della “QBO” e del regime dei venti, in area equatoriale, inizia nel 1883, durante la tremenda eruzione del vulcano indonesiano Krakatoa (in indonesiano Krakatau). Proprio in quell’anno di fine Ottocento, in occasione di quella devastante eruzione, si scoprì che le polveri e le nubi di cenere disperse nell’alta atmosfera dalla violentissima eruzione girarono l’intero pianeta da est a ovest, in sole due settimane.
Ma nuovi studi e osservazione sul regime dei venti in quota sopra la fascia equatoriale vennero intrapresi nel 1954, da Palmer, il quale utilizzando i dati di radiosondaggi ottenuti inizialmente per studiare il “fallout” dei frequenti test nucleari eseguiti dall’aviazione USA nelle isole Marshall, scoprì che esiste un’alternanza abbastanza regolare tra i venti orientali e occidentali nella stratosfera. In pratica, già allora, Palmer, capì che lungo la stratosfera e l’alta troposfera i venti cambiavano in direzione per un periodo, quasi regolare, di appena due anni, alternandosi fra un flusso occidentale ed uno orientale. Ma per arrivare all’identificazione dell’indice “QBO” bisogna risalire fino ai primi approfonditi studi di R. J. Reed e R. A. Ebdon. Reed fu il primo che descrisse la circolazione stratosferica sopra l’equatore, mettendo in evidenza l’alternanza di regimi di venti orientali e occidentali oltre i 30 km di altezza. La fase di “Easterliest” generalmente è più irregolare di quella “Westerlies”.
Stando a queste condizioni la fase che vede la prevalenza dei venti orientali in quota sopra la zona equatoriale corrisponde ad una “QBO” positiva (QBO +). Quando invece sono i venti occidentali a prevalere sopra la fascia equatoriale del nostro pianeta allora la “QBO” sarà negativa (QBO -), con importanti ripercussioni sulla circolazione generale. Attualmente siamo entrati in una fase di “QBO” negativa (QBO -), con la presenza di sostenuti venti occidentali, le cosiddette “Westerlies”, sopra l’alta troposfera equatoriale. La “QBO” negativa, se unita al minimo solare, può riuscire ad inibire il flusso perturbato zonale delle medie latitudini, rallentando e ondulando il ramo principale della “Jet Stream”, agevolando di conseguenza l’avvento degli scambi meridiani che vanno a disturbare il vortice polare, costringendolo a scivolare di latitudine spezzandosi in più lobi, con importanti ondate di freddo dirette verso l’area temperata. Tale tipo di pattern climatico, nel cuore della stagione invernale, può deporre a favore anche di prolungati flussi anti-zonali (grazie a possenti “blocking“ in area nord Atlantica che fermano le correnti occidentali che escono dal nord degli USA e dal Canada), ideali per l’avvento di importanti episodi di “Burian” fino al cuore del vecchio continente.
Quando la “QBO” passa da negativa a positiva si ottiene un sensibile approfondimento del vortice polare in sede artica, con l’aria gelida polare confinata alle alte latitudini, che a sua volta determina un notevole rafforzamento del flusso zonale lungo le latitudini medio-alte. In questa fase il ramo principale della “Jet Stream” raggiunge le massime intensità, risultando molto ben stirato, con frequenti “Jet Streak” che dal Pacifico si muovono verso il nord-America, per poi attraversare l’Atlantico e arrivare in Europa. Tutto il contrario di quanto sta capitando in queste ultime settimane. La “QBO –“ sta contribuendo a rallentare e a ondulare il ramo principale della “Jet Stream”, con lo sviluppo di diverse “onde di Rossby”, dal Pacifico settentrionale fino al comparto euro-asiatico, che continuano a disturbare il vortice polare alle alte latitudini, il quale fa fatica a ricompattarsi, a seguito dei continui “forcing” troposferici.
Sempre a causa della “QBO” negativa il fenomeno di “El Nino”, sul Pacifico centro-orientale, si è drasticamente ridimensionati in questi ultimi mesi (in realtà il pattern tipico di “El Nino” non si è mai realizzato sul Pacifico centro-occidentale), fino a ricalcare lo stato di neutralità. Ciò potrebbe pregiudicare lo stato di salute del vortice polare nel corso della futura stagione invernale, spianando la strada a lunghi periodi dominati dagli scambi meridiani. Si prospetterebbe una stagione piuttosto dinamica. Ma gli effetti della “QBO” in posizione negativa sono per ora ben più evidenti lungo la fascia equatoriale. In questi giorni, osservando i numerosi “Clusters temporaleschi” e le “Multicelle” che si sviluppano, soprattutto durante il pomeriggio e la tarda serata, sopra l’Africa equatoriale e il golfo di Guinea, dove va ritirandosi la linea dell’ITCZ (il “fronte di convergenza intertropicale”), si osserva come la parte sommitale di questi imponenti sistemi convettivi venga stirata verso est, da fortissimi venti occidentali che scorrono in alta quota, sopra gli 8000-9000 metri. Anche nella serata odierna si sono potuti diversi “Clusters”, sorti fra l’Angola, il bacino del Congo, il Camerun e il sud della Nigeria, che ingrossandosi e crescendo rapidamente verso l’alta troposfera (alimentati da “updrafts” veramente violenti) sono stati agganciati da questo intenso flusso occidentale in quota che ha piegato le incudini, nella parte sommitale del sistema temporalesco, verso est, creando una scia di nubi alte e sottili, note anche con il termine di falsi cirri.