Abbiamo già parlato dei terremoti e delle novità tecnologiche relative alla possibilità di prevederli; a tal proposito ci sembra molto interessante riprendere un’intervista realizzata dal giornale Nextme al prof. Giuliano Panza, ordinario di sismologia all’Università di Trieste e collaboratore dell’Ictp, l’International centre for theoretical physics. L’intervista originale è consultabile cliccando qui, ne riportiamo gli stralci più interessanti relativamente alle dichiarazioni del noto studioso: “[…]manca una legge che recepisca, a livello nazionale, i recenti progressi scientifici in campo sismologico, affiancando alle tradizionali metodologie i nuovi strumenti per la stima della pericolosità sismica, che sono oggi disponibili grazie a nuovi modelli fisici e strumenti di calcolo avanzato. É necessario affiancare alle stime probabilistiche esistenti (Psha), che si sono rivelate inadeguate in molti casi al livello globale e non solo nazionale, stime deterministiche (Ndsha) di pericolosità sismica. A tal proposito faccio presente che stime di pericolosità fatte col metodo neo deterministico (Ndsha) esistevano già dal 2000, e sono state drammaticamente confermate dagli eventi in Emilia-Romagna (Primavera 2012). Le stime Ndsha sono il prodotto dal team internazionale del Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, e del Sand group dell’Ictp da me diretto”.
“Non è possibile mantenere ad oltranza una normativa errata per poi verificare, a posteriori, che l’evento sismico reale ha avuto magnitudo e quindi effetti dannosi superiori al previsto. Anche se ogni progettista può senz’altro adottare le previsioni Ndsha, è comunque costretto a giustificare con il Cliente l’eventuale maggiore prezzo di costruzione, e a redigere inutili verifiche in accordo con Psha, per ottemperare alla normativa. Tali concetti sono ulteriormente approfonditi nel Position statement dell’Isso. In breve, le mappe di pericolosità sismica Psha e Ndsha sono sostanzialmente diverse. Nelle mappe Ndsha si considera il massimo terremoto credibile in ciascun sito. In quelle Psha, invece, si considera lo scuotimento che ha una certa probabilità di verificarsi in un certo intervallo di tempo, e ciò generalmente porta a non tenere nel debito conto (fino a quasi trascurare) i terremoti più forti e meno frequenti, come nel caso dell’Emilia. Inoltre, per valutare come varia lo scuotimento del suolo quando ci si allontana dall’epicentro, il metodo Ndsha si basa sulla modellazione della propagazione delle onde sismiche, utilizzando le leggi fondamentali della fisica, piuttosto che relazioni empiriche spesso molto incerte ed inadeguate a descrivere situazioni complesse. Tutto ciò può portare a delle differenze radicali nelle mappe, soprattutto dove ci sono pochi dati (non dimentichiamo che per raccogliere alcuni dati, bisogna attendere che avvengano i forti terremoti…)“.
“Ribadisco che i terremoti non si possono prevedere con precisione. Le metodologie DInSAR appartengono a quelle metodologie che evidenziano ‘anomalie localizzate’, ma solo dopo il verificarsi di un terremoto di una certa entità, e quindi non hanno, ancora, alcun valore prognostico, pur fornendo dati di potenziale estremo interesse per la ricerca sulla fisica del terremoto. Ricordo che invece è provato, con un livello di confidenza superiore al 98 per cento, che i terremoti possono essere previsti nel medio termine spazio-temporale, ossia entro aree con dimensioni di centinaia di chilometri e con un’incertezza temporale di mesi o anni. Questo tipo di previsione permette la messa in atto di una serie gerarchica di azioni di prevenzione definite anche in ambito Unesco già nel 1977. Queste conclusioni sono supportate da una più che decennale e rigorosa sperimentazione condotta, in collaborazione con l’Iiept di Mosca, sia su scala globale che per il territorio italiano. Penso sia un dovere fondamentale della Protezione Civile cercare di implementare le misure preventive possibili, unitamente ad altre specifiche per l’Italia, con la massima efficacia possibile“.
Previsione dei terremoti, il prof. Panza illustra i progressi scientifici: “la protezione civile si adegui”
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