Campi Flegrei, progetto CFDDP: conclusa la prima fase di perforazione

MeteoWeb

MeteoWeb ha ripetutamente descritto il progetto di perforazione dei Campi Flegrei. Nei giorni scorsi è terminata la prima fase delle lavorazioni, con il raggiungimento della profondità di 500 metri. Con la collaborazione di Giampiero Petrucci, ce ne parla Stefano Carlino, geologo e ricercatore presso l’Osservatorio Vesuviano (INGV), esperto nella modellazione dei processi dinamici dell’isola d’Ischia e dei Campi Flegrei, nonché partecipante in prima persona al progetto CFDDP.

Il CFDDP, Campi Flegrei Deep Drilling Project, è finalizzato ad acquisire nuovi dati scientifici utili a definire un quadro più completo sulla dinamica vulcanica della caldera dei Campi Flegrei. La perforazione, eseguita nell’ex area ILVA di Bagnoli, alla periferia occidentale di Napoli, rappresenta il primo step in previsione di un progetto scientifico più ampio e complesso che prevede di arrivare fino a 3,5 km di profondità sotto la caldera flegrea. Quest’area è caratterizzata da periodici fenomeni di sollevamento ed abbassamento del suolo (bradisisma). In epoche passate le fasi di sollevamento sono state seguite in alcuni casi da eruzioni vulcaniche, con diversa energia. Attualmente, però, nessun modello fisico e’ in grado di sciogliere in maniera definitiva un nodo importante per la comprensione del meccanismo del bradisisma: ovvero se le fasi di sollevamento, come quelle osservate dal 1970 fino ad oggi, siano da imputare interamente ad una sorgente magmatica, oppure se il fenomeno sia legato anche all’aumento di pressione dei fluidi geotermali. Queste due interpretazioni fornirebbero scenari di rischio diversi, con una ambiguità nel quadro interpretativo dei fenomeni precursori di un’eventuale eruzione.
L’obiettivo finale del CFDDP e’ proprio quello di tentare di comprendere la dinamica della caldera dei Campi Flegrei, penetrando direttamente nella crosta terrestre, fino ad una profondità sufficiente alla caratterizzazione del sistema magmatico e geotermale più superficiale. Con la fine della prima fase del progetto (pozzo pilota) si è arrivati ad indagare uno strato di 500 metri di rocce vulcaniche, che i vulcanologi stanno analizzando per definire una prima stratigrafia di dettaglio e ricostruire la sequenza di eventi eruttivi e la dinamica del settore orientale della caldera, a partire da almeno 15.000 anni fa.
La perforazione del pozzo pilota era iniziata lo scorso mese di luglio: interrotta poi agli inizi di agosto e’ proseguita dalla metà del mese di novembre per terminare poi il 12 dicembre. I lavori hanno visto coinvolti diversi team di ricerca, non solo in ambito vulcanologico. La proficua collaborazione tra questi soggetti ha creato dei buoni presupposti per la prosecuzione degli studi e delle analisi dei dati finora raccolti, con probabili risvolti anche in campo biologico (in quest’ultimo caso si tratta di studi che alcuni ricercatori americani stanno eseguendo sui batteri che vivono in condizioni ambientali estreme). Sono stati eseguiti inoltre dei test, nella fase finale della perforazione, che hanno consentito di valutare le principali proprietà meccaniche delle rocce, ad una profondità di 500 metri, e ricostruire il possibile campo di stress locale.
I primi risultati saranno certamente pubblicati entro la primavera prossima. Tuttavia, un ulteriore obiettivo, in questa fase, sarà quello di dotare il pozzo di sensori geofisici, in grado di misurare le variazioni di temperatura, la sismicità e le deformazioni, innalzando significativamente la soglia di sensibilità di questi strumenti, rispetto a quelli posti in superficie. Per il raggiungimento di questo obiettivo sono in corso ulteriori studi finalizzati all’ingegnerizzazione di sistemi di sensori efficaci e soprattutto affidabili e duraturi da installare permanentemente all’interno del pozzo.
Dall’esperienza fatta finora riteniamo che sia possibile e proficua, da un punto di vista scientifico, l’indagine diretta della crosta terrestre, in aree di vulcanismo attivo, con l’ausilio di perforazioni, e che la continuazione del progetto, fino al target di 3,5 km di profondità, potrà fornire dei vincoli geologici e fisici che oggi mancano per definire un modello più attendibile del comportamento della caldera flegrea. Naturalmente questo obiettivo ci impegnerà su due fronti: la raccolta di nuovi fondi per la ricerca, obiettivo non facile in questa epoca storica, e la divulgazione scientifica del progetto rivolta ai cittadini, per avvicinarli ad un settore della ricerca estremamente delicato e complesso, ma che nella nostra regione rappresenta senza alcun dubbio un grande valore aggiunto.
A corredo dell’articolo pubblichiamo alcune immagini della perforazione per gentile concessione di Stefano Carlino.
Per ulteriori info: https://sites.google.com/site/cfddpproject/ 

Condividi