Misurato l’effetto del transito di Venere davanti al Sole

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Il transito di Venere

Una misura difficilissima per la quale è stato necessario utilizzare la strumentazione più avanzata in abbinamento a una tecnica assai originale, che ha addirittura coinvolto la Luna come specchio astronomico naturale. E’ quella dell’effetto, che si e’ verificato durante il transito di Venere davanti al Sole lo scorso 6 giugno, denominato Rossiter-McLaughlin. Un fenomeno che avviene quando un corpo celeste si trova a passare davanti a una stella, andandone a occultare una parte della sua superficie in rotazione e che si manifesta come una distorsione temporanea nei profili delle righe dello spettro di luce proveniente dalla stella eclissata. A riuscire nell’impresa di osservare e misurare l’entità dell’effetto e’ stata un’equipe di astronomi italiani guidata da Paolo Molaro, dell’Osservatorio Astronomico di Trieste dell’Inaf, i cui risultati sono pubblicati on line in un articolo della rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters, edito dalla Oxford University Press. Questo fenomeno e’ stato gia’ osservato in sistemi composti da due stelle che si eclissano vicendevolmente, ma diventa via via sempre piu’ difficile da osservare quando il corpo celeste e’ della taglia di un pianeta, per giunta non cosi’ grande come ad esempio Giove ma piuttosto analogo per dimensioni alla Terra, proprio come e’ stato nel caso del transito di Venere.

Transito di Venere del 2004

La misura di questo debole effetto rilevabile nella luce proveniente da altri sistemi planetari grazie ai telescopi della prossima generazione come E-ELT (European Extremely Large Telescope) sara’ un utile strumento nell’ambito della ricerca dei pianeti extrasolari. Gli astronomi potranno infatti conoscere importanti parametri orbitali in quei sistemi, in grado di migliorare anche le nostre conoscenze sulla storia della loro formazione. “Fondamentale per il successo di questa missione e’ stato l’utilizzo dello spettrografo HARPS dell’ESO che ora, insieme al suo gemello installato al Telescopio Nazionale Galileo dell’Inaf rappresenta lo stato dell’arte per le misure di velocita’ radiali degli oggetti celesti e il miglior cacciatore di sistemi planetari attorno ad altre stelle“, ha commentato Lorenzo Monaco, astronomo italiano in forza all’ESO, “l’entita’ dell’effetto misurato e’ comparabile al riuscire a registrare la velocita’ di una persona che cammina a passo lento alla distanza di 150 milioni di chilometri, tanto quanto lo spazio che ci separa dal Sole. Non ci sono strumenti al mondo in grado di registrare variazioni cosi’ minuscole e in particolare se si hanno solo poche ore per poterle misurare“. Ma il solo utilizzo di HARPS non sarebbe stato sufficiente per raggiungere questo risultato. Le osservazioni della luce integrata del Sole ad alta risoluzione sono infatti estremamente difficili da condurre e per superare questo problema gli astronomi hanno puntato il loro strumento verso la Luna per captare la luce solare da essa riflessa. Per questo motivo il transito e’ stato osservato dagli astronomi in Cile quando in realta’ non sarebbe stato possibile farlo, dato che in quella zona del pianeta era notte. Questa inusuale strategia ha imposto calcoli particolari per raggiungere i risultati sperati. “Il transito di Venere visto dalla Luna ha una tempistica leggermente differente rispetto a quello che si e’ osservato sulla Terra“, ha commentato Simone Zaggia dell’Osservatorio Astronomico Inaf di Padova, che ha partecipato alla missione. “La Luna era infatti 8 gradi davanti alla Terra e Venere – ha continuato – ha raggiunto l’allineamento con il Sole e la Luna con circa due ore di ritardo. Il transito inoltre e’ stato leggermente piu’ lungo di quanto osservato sulla Terra perche’ la Luna si trovava al di sopra del piano di rotazione della Terra attorno al Sole“.

Transito di Venere sul disco del Sole

Le osservazioni mostrano che l’eclisse parziale prodotta sul disco solare dal transito di Venere ha generato una modulazione nella velocita’ radiale del Sole di meno di un metro al secondo, ovvero appena 3 chilometri all’ora. “L’accordo con i modelli teorici e’ dell’ordine di pochi centimetri al secondo ed e’ un risultato strabiliante mai raggiunto prima” sottolinea Mauro Barbieri, dell’Universita’ di Padova, che fa parte del team. “Tra l’altro – ha aggiunto – questa variazione di velocita’ e’ comparabile con quella dovuta alle naturali espansioni e contrazioni della nostra stella, ma le nostre osservazioni ci hanno permesso comunque di rilevare chiaramente l’effetto Rossiter-McLaughlin durante il transito“. I risultati ottenuti da queste osservazioni, le uniche di tipo puramente scientifico che siano state condotte sulla Terra in occasione dell’ultimo transito di Venere, saranno di grande aiuto per gli astronomi, che potranno misurare questo fenomeno in sistemi extrasolari, sfruttando appieno le potenzialita’ dei telescopi di nuova generazione come l’E-ELT. “Questa misurazione – ha detto Paolo Molaro – preannuncia i clamorosi risultati che tra alcuni anni potranno ottenere i telescopi della classe di 40 metri dotati di spettrografi ad altissima risoluzione, aprendo di fatto un nuovo orizzonte nello studio delle proprieta’ orbitali di altri pianeti simili alla Terra che si trovano attorno ad altre stelle nella nostra Galassia“.

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