Lisbona 1755: il primo tsunami “trans-oceanico” dell’era moderna

MeteoWeb

La sezione “Tsunami nel Mondo” di MeteoWeb inaugura il 2013 ricordando, grazie al geologo Giampiero Petrucci, il grande disastro causato dal terremoto di Lisbona del 1755.

Il terremoto. La mattina del 1 novembre 1755, giorno di Ognissanti, intorno alle 9.40, si verifica un grande terremoto, con epicentro in Atlantico, nel Golfo di Cadice, ad almeno 200 km a sud-ovest da Capo Sao Vicente, la propaggine meridionale del Portogallo. Si discute ancora sulla faglia origine dell’evento, quasi sicuramente connessa alla cosiddetta AGFZ, una “zona di fratturazione” della crosta terrestre che va dalle Azzorre a Gibilterra e che tettonicamente rappresenta il margine di subduzione tra la placca africana e quella euroasiatica le quali, scontrandosi ed immergendosi una sotto l’altra, in quel tratto sviluppano movimenti reciproci piuttosto lenti (circa 5 mm all’anno).

terremoto di LisbonaPer intensità, danni, vittime ed estensione si tratta di uno dei più forti sismi che abbia colpito il continente europeo negli ultimi 500 anni: la magnitudo è stimata intorno a 8.5. Nel giro di dieci minuti si susseguono tre scosse violente, di cui la seconda è la più terribile. Lisbona, allora abitata da oltre 200mila persone, è rasa al suolo: molti fedeli periscono nel crollo delle numerose chiese, affollatissime per la festività religiosa.

Le scosse sono avvertite praticamente in mezza Europa: Francia, Svizzera, Germania, Italia, perfino in Svezia, anche alle Isole Azzorre, in pieno Atlantico, ed a Capo Verde. Danni ingenti e vittime pure a Madrid e Siviglia, ma soprattutto in Africa: Tangeri ed Algeri vengono semidistrutte così come molte città del Marocco subiscono danni ingenti (Rabat, Fez, Marrakech e Meknes dove crollano numerosi edifici religiosi).

Lisbona vede scomparire circa il 50% dei suoi fabbricati! C’è discordanza sul numero totale delle vittime, probabilmente a lungo sovrastimato: fino a pochi anni fa si riteneva possibile la scomparsa di almeno 60-70mila persone, oggi si tende a ridurre, anche di molto, questo numero. In ogni caso si tratta di una catastrofe assoluta che influenza a lungo la vita politica, economica, sociale, culturale e scientifica non solo del Portogallo ma dell’intera Europa.

Una delle ipotesi più accreditate sull’origine dello tsunami di Lisbona è che esso sia collegato alla combinazione degli effetti di due faglie, la Horseshoe (HSF) e la Marques de Pombal (MPF), situate nella zona di subduzione tra le placche africana ed europea (da The November 1st 1755 Tsunami in Morocco: Can Numerical Modeling Clarify the Uncertainties of Historical Reports?, di Omira ed altri)

Lo tsunami. Ma non finisce qui. Nel frattempo infatti scoppia un incendio, provocato probabilmente dalle candele e dai ceri accesi per le funzioni religiose, che porta altre tragedie e, alimentato dal vento di nord-est, sarà spento con difficoltà soltanto dopo tre giorni. Inoltre come spesso accade in terremoti di magnitudo elevetata generati in mare, si verifica uno tsunami catastrofico che produce effetti per tutto l’Oceano Atlantico. Proprio lo sviluppo dello tsunami è la chiave di volta del problema legato all’esatta ubicazione dell’epicentro e quindi della faglia origine. Gli scienziati trovano grandi difficoltà nel conciliare geologia, tettonica a placche, macrosismica, orientazione della faglia e tempi di propagazione delle onde (ricavati dalle numerose testimonianze dell’epoca). In pratica si sa che l’epicentro è nel Golfo di Cadice e prossimo al margine di subduzione delle placche (sede privilegiata di terremoti) ma esattamente dove? Sono in corso ancora ulteriori studi, attraverso anche simulazioni numeriche, guidati dall’esperta di tsunami Maria Ana Baptista, che potrebbero chiarire la situazione e di cui MeteoWeb parlerà ancora in futuro.

Lisbona. Mistero dell’origine a parte, lo tsunami è devastante e rappresenta il paradigma di come entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico siano soggette al rischio di maremoti distruttivi. La parte del leone tocca alla malcapitata Lisbona: dopo circa mezz’ora dal terremoto, quando molti abitanti vagano sconvolti sulle rive del Tago (il fiume sul cui estuario è costruita la città), il mare si ritira, lasciando visibile il fondo e generando ulteriore sconcerto. Passano pochi minuti ed arriva la prima onda di tsunami, alta circa sei metri, che travolge tutto e tutti, comprese le numerose barche alla fonda, provocando ulteriori lutti e devastazioni. Il mare si accanisce in particolare sulla riva destra del Tago, nella porzione occidentale della città, penetrando per circa 250 metri, soprattutto tra Junqueira ed Alcantara. Fortunatamente le mura cittadine respingono le ondate, limitando i danni. Quando il mare si ritira, lascia sul terreno un migliaio di morti, quasi esclusivamente tra coloro che incautamente avevano pensato di rifugiarsi sulle sponde del Tago.

Lisbona, costruita sulle rive del fiume Tago, subisce i principali effetti dello tsunami del 1755. Le aree colorate in grigio scuro, nella parte più bassa della mappa, rappresentano le zone allagate dalle onde il cui run-up è stimato in circa 5-6 metri (da Tsunami Propagation along Tagues Estuary, di Baptista ed altri)

Algarve. Ma Lisbona non è la sola città a pagare dazio alle terribili onde assassine. La forma concava del Golfo di Cadice sembra infatti esaltare la potenza dello tsunami che, prima di avventarsi sulla capitale portoghese, ha già colpito altre coste. Nel giro di sedici-venti minuti dall’inizio del sisma, le onde sono infatti arrivate a Capo Sao Vicente e nell’Algarve, zona ricca di spiagge ed insenature affascinanti al punto che oggi rappresenta il ganglio vitale del turismo portoghese, ma allora poco urbanizzata e costituita da semplici cittadine di pescatori. Proprio in questi villaggi, situati all’estremità meridionale del Portogallo, lo tsunami porta grande devastazione, con onde che, secondo alcune testimonianze, toccano perfino il run-up di 15 metri. L’intera costa iberica del Golfo di Cadice è sconvolta: le distruzioni legate allo tsunami sono maggiori di quelle prodotte dal terremoto che, causa locali “effetti di sito”, colpisce soprattutto a macchia di leopardo. Le onde invece, come testimoniato dai vari livelli di tsunamiti riconducibili a questo evento ritrovati per tutto l’Algarve, attaccano il litorale in maniera omogenea sia pure con modalità differenti a seconda della morfologia costiera. Faro, ad esempio, è parzialmente risparmiata mentre al contrario Sagres e Boliqueime (che sarà ricostruita in altro sito più all’interno) vengono distrutte. Lagos ed Armaçao subiscono un’ingressione marina di circa due km mentre anche Albufeira, Tavira ed Alvor (dove si segnala un run-up di 20 metri che però a molti autori sembra esagerato) vedono entrare il mare nelle loro strade per alcune centinaia di metri, con barche trascinate contro gli edifici. A Portimao si calcola che venga allagato circa il 20% del paese e che le acque risalgano il Rio Arade per circa 5 km. Le onde portano distruzione anche più ad Est: il Rio Guadiana, che oggi come allora segnala il confine di stato tra Portogallo e Spagna, subisce una forte ingressione marina che crea danni ad Ayamonte mentre a Cadice, la città più importante del Golfo, le onde giungono circa un’ora e venti minuti dopo le scosse sismiche ma sul loro run-up gli autori divergono parecchio (si va da 2 a 15 metri!). Certo è che anche Cadice vede il mare entrare nelle proprie vie.

Un possibile modello di propagazione delle onde in funzione del tempo di uno tsunami originato in maniera similare a quello del 1755. Nel giro di neanche mezz’ora le onde arriverebbero sulle coste iberiche ed africane (da Tsunami Calculation of the 1755 Lisbon Earthquake, Annunziato ed altri)

Al Nord. Tutto il Portogallo comunque viene colpito: a Setubal, pochi km a Sud di Lisbona, il run-up è di 5 metri e le onde penetrano in città per circa 200 metri. Al Nord la situazione è migliore ma non mancano morte e distruzione: Cascais registra numerosi danni, a Peniche si segnalano diverse vittime mentre a Porto, circa 250 km a Nord di Lisbona, le ripetute oscillazioni del Douro (il fiume sulle cui sponde è costruita la città) superano il metro di altezza, provocando la rottura degli ormeggi con le barche ingovernabili. Le onde però si propagano con continuità ancora più a Nord, in Francia e fino sulle coste irlandesi ed inglesi, anche se ovviamente il run-up è molto limitato. Lo tsunami entra pure nel Canale della Manica, raggiungendo le coste di Belgio ed Olanda. Anche i laghi scozzesi e perfino quelli svizzeri registrano variazioni del loro livello a seguito del terremoto.

Africa. Lo tsunami però colpisce anche la porzione più meridionale del Golfo di Cadice ovvero la sponda africana. La costa atlantica del Marocco, causa la sua vicinanza al margine di subduzione tra le placche africana ed europea, risulta soggetta al rischio tsunami in maniera sensibile ed il 1755 lo dimostra pienamente. L’intero litorale da Agadir (dove le onde scavalcano le mura e causano diverse vittime) a Tangeri viene inondato, sia pure di nuovo con modalità diverse a seconda della batimetria e della morfologia della costa. Generalmente la porzione più settentrionale della costa subisce effetti più sensibili e probabilmente in molti casi le onde raggiungono i 5-6 metri di altezza come accade a El-Jadida (allora chiamata Mazagao) dove l’ingressione marina è stimata in circa 7-800 metri. Altre città costiere colpite Asilah, Safi, Larache e Rabat.

Il Golfo di Cadice è una sorgente tsunamigenica di primaria importanza a livello mondiale. Sin dall’antichità si segnalano infatti tsunami originati nella zona di contatto tra la placca africana ed europea. La mappa mostra gli epicentri dei terremoti con gli anni di riferimento. Si noti come la posizione del 1969 sia diversa da quella teorica del 1755: la differenza degli effetti può spiegarsi anche attraverso questo parametro (da Revision of the Portoguese Catalog of Tsunamis, Bapista ed altri)

Attraverso l’oceano. Lo tsunami però si dirige anche ad Ovest e praticamente attraversa tutto l’Atlantico. L’arcipelago di Madeira è raggiunto dalle onde dopo circa un’ora e mezzo dal terremoto: Funchal è allagata dal mare che dapprima si ritira e poi entra sul litorale per alcune centinaia di metri, con run-up tra i 2 ed i 4 metri, danneggiando porto, barche ed edifici. Diverse navi vengono distrutte anche alle Azzorre e nel pomeriggio, dopo aver viaggiato per almeno 5-6 ore, le onde colpiscono il continente americano. Le prime terre ad essere aggredite sono le Piccole Antille: Barbados, Antigua, Martinica, Guadalupa, Dominica vedono le loro spiagge paradisiache (oggi méta di fortunati turisti) invase dalle onde che, sia pure con run-up non superiori ai 2-3 metri, sconvolgono porti e cittadine anche per l’inaspettata novità rappresentata da un fenomeno naturale così violento ed anomalo. Dopo circa un’ora lo tsunami, con altezze comunque intorno al metro, arriva anche in Brasile e sulle coste del nord-America dove però non si registrano danni particolari.

Tsunami “globale”. Dunque un evento di grande scala geografica, transoceanico, che colpisce numerosi stati, isole e coste di tre continenti. Per certi aspetti lo tsunami del 1755, per estensione ed impatto sulla società contemporanea, può essere paragonato a quello di Sumatra del 2004 e definito in un certo senso il primo disastro “globale” della società moderna. Proprio dallo tsunami di Lisbona (in definitiva la città che paga il maggior tributo in vite umane e distruzione) nasce e si afferma in Europa una diversa consapevolezza del fattore-disastro. Rimane da una parte la cultura ecclesiastica di una sorta di “punizione divina” (legata addirittura alle malefatte dei conquistadores!) ma dall’altro lato emerge definitivamente la consapevolezza che la natura può essere studiata ed indagata con successo dalla scienza. Proprio a seguito di questa catastrofe, nel 1760 infatti John Michell, dell’Università di Cambridge, propone la teoria che l’epicentro di questo sisma sia nell’Atlantico, diventando in pratica uno dei “padri” della moderna sismologia.

Ed oggi? Ma proprio la scienza sollecita molte domande, alcune ancora senza risposta. La situazione odierna delle coste iberiche ed africane è molto diversa da quella della metà del Settecento. L’Algarve è una delle zone turistiche più popolari d’Europa, molte infrastrutture sono sorte anche sulle coste marocchine, nella spagna atlantica non mancano città importanti (Cadice, Huelva, Tarifa). Molti si chiedono cosa potrebbe accadere se si verificasse uno tsunami similare a quello del 1755. La risposta non è ipotetica: il problema non sta nel “se” ma nel “quando”. Ormai è acclarato che il margine di subduzione tra la placca africana e quella europea rappresenta, in Atlantico come nel Mediterraneo, una delle sorgenti tsunamigeniche potenzialmente più pericolose al mondo. L’ultimo terremoto di una certa importanza con epicentro nell’area risale al 1969: di magnitudo 7.9, solo per circostanze fortuite, legate probabilmente all’orientazione della faglia origine ed alla sua posizione geografica, non ha scatenato uno tsunami devastante (le onde hanno raggiunto a malapena il metro di altezza). Il fenomeno del 1755 può certamente ripetersi, l’importante è non farsi trovare impreparati. La tecnologia moderna in questo senso risulta fondamentale per la salvaguardia del territorio: oggi è ormai possibile lanciare un “allarme tsunami” praticamente in tempo reale, pochi secondi dopo la scossa potenzialmente originatrice. Il problema del Golfo di Cadice è che le onde possono arrivare sulla costa nel giro di 20-30 minuti, un tempo relativamente breve: dunque sono neccesari piani di evacuazione particolareggiati e ben oliati. Solo la comprensione dei fenomeni naturali ed un’accurata prevenzione possono salvaguardare il nostro futuro.

  • Si ringrazia Maria Ana Viana Baptista (Istituto Dom Luiz, Università di Lisbona) per la gentile collaborazione e la concessione delle immagini estrapolate dai suoi lavori
  • Thanks to Maria Ana Viana Baptista (Insituto Dom Luiz, University of Lisboa) who has provided us with the images here published

BIBLIOGRAFIA

  • Annunziato A. e altri, Tsunami Calculation of the 1755 Lisbon Earthquake, 2008
  • Baptista M.A., Miranda J.M., Luis J.F., Tsunami Propagation along Tagues Estuary (Lisbon. Portugal) Preliminary Results, Science of Tsunami Hazards, Vol. 24, No. 5, 2006
  • Baptista M.A. e altri, The 1755 Lisbon Tsunami; Evaluation of the Tsunami Parameters, J. Geodynamics, Vol. 25, No. 2, 1998
  • Baptista M.A. e Miranda J.M., Revision of the Portoguese Catalog of Tsunamis, Nat. Hazards Earth System Sci., 9, 2009
  • Baptista M.A. e altri, Potential Inundation of Lisbon Downtown by a 1755-like Tsunami, Nat. Hazards Earth Syst. Sci., 11, 2011
  • Chester D.K., The Effetcs on the 1755 Lisbon Earthquake and Tsunami on the Algarve Region, Southern Portugal, University of Liverpool, 2008
  • Omira e altri, The November 1st 1755 Tsunami in Morocco: Can Numerical Modeling Clarify the Uncertainties of Historical Reports?, InTech,  http://dx.doi.org/10.5772/51864, 2012
  • www.wikipedia.org

 

 

 

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