Le supernovae sono le più potenti esplosioni stellari dell’universo, visibili sino al bordo del cosmo. Utilizzando tre telescopi, quello di Monte Palomar, il Very Large Array e il telecopio Swift della NASA, gli astronomi hanno scoperto che le stelle possono emettere piccole esplosioni prima della grande esplosione finale. L’oggetto preso come riferimento, SN2010mc, possedeva una massa pari a 50 volte quella del Sole, e 40 giorni prima della sua morte, la stella morente ha prodotto una gigantesca esplosione rilasciando materiale sino all’1% della massa solare, pari a 3330 volte la massa della Terra, a 7,2 milioni di chilometri all’ora. “Ciò che sorprende è il poco lasso temporale che trascorre tra questi segnali precursori e l’esplosione vera e propria. Un mese è una frazione di tempo molto piccola rispetto ai 10 milioni di anni di vita di un oggetto come questo“, ha riferito uno degli autori dello studio Mansi Kasliwal del Carnegie Institute di Pasadena, in California. “Questa esplosione ha irradiato nello spazio circostante circa un milione di volte la produzione di energia solare che la nostra stella emette in un anno intero“, dice Mark Sullivan dell’Università di Southampton, nel Regno Unito. Ma questo segnale precursore, nonostante la sua violenza, è 5000 volte inferiore alla produzione energetica dell’esplosione finale. “Il lasso di tempo così breve tra le due esplosioni suggerisce che esse siano correlate“, dice Eran Ofek del Weizmann Institute of Science in Israele. Ed effettivamente i modelli probabilistici hanno rivelato che la possibilità che si tratti solamente di un caso è pari allo 0,1%. “La nostra scoperta di SN 2010mc dimostra che siamo in grado di segnare l’imminente morte di una stella massiccia. Stimando l’esplosione, possiamo coglierla sul fatto“, ha detto Kasliwal. Gli scienziati hanno pubblicato i dettagli dello studio nel numero del 7 Febbraio della rivista Nature.