In questi giorni anche il sud-America è stato flagellato dal maltempo e dai temporali che purtroppo hanno causato tanti danni e molti disagi. Dall’Argentina centrale fino all’Amazzonia e alla fascia andina peruviana e colombiana è stato un continuo formare di grandi “Cellule temporalesche” e sistemi temporaleschi più complessi, di natura “Multicellulare”, o persino “supercellulare” in qualche caso specifico, nel nord-est dell’Argentina. Del resto l’avvento dell’autunno australe è caratterizzato dai fenomeni temporaleschi estremi, molto diffusi sulla Pampa argentina, dove molto spesso i primi impulsi freddi che risalgono dalle basse latitudini oceaniche vengono preceduti da violente sferzate temporalesche, accompagnate da forti grandinate, colpi di vento e nei casi più intensi da fenomeni vorticosi o autentici tornado. Difatti, proprio in questo periodo dell’anno, la cessazione della radiazione solare agevola un più rapido raffreddamento dell’immenso tavolato di ghiaccio antartico, con la conseguente intensificazione delle famose “Westerlies”, gli impetuosi venti occidentali che scorrono ininterrottamente attorno le coste del Polo Sud (rafforzati dal costante divario “barico” e “termico” insistente fra i mari australi e l’Antartide) alimentando i profondi cicloni extratropicali australi che a loro volta generano le grandi tempeste oceaniche, con onde che possono raggiungere i 13-14 metri.
La formazione di questi immensi cicloni extratropicali, molto spesso, agevola lo spostamento di masse d’aria molto fredde, d’origine polare, che dalle coste dell’Antartide si muovono verso i mari australi, tramite dei fronti freddi ben strutturati che risalgono verso l’Argentina, le coste sudafricane, l’Australia meridionale e la Nuova Zelanda, con intensi venti da SO e S-SO. In genere questi fronti freddi che risalgono l’Argentina, ancor prima di sfociare sull’Atlantico meridionale, si muovono verso nord-est, spingendosi fin verso l’Uruguay e gli stati del Brasile meridionale, dove l’aria fredda d’origine polare tende ad interagire o a scontrarsi con le masse d’aria molto più calde, in discesa da NO e Nord, dagli altopiani interni del Brasile o dall’arida regione del Chaco. Lungo la linea di convergenza fra l’aria fredda, di origini sub-antartiche, che risale da SO, e le masse d’aria sub-tropicali molto più calde in discesa da NO e Nord, si sviluppano vivaci fronti temporaleschi o sistemi convettivi a mesoscala, in grado di dare la stura a forti temporali, con annessi rovesci di pioggia, attività elettrica, grandinate, impetuosi “Downburst” nelle “Celle temporalesche” più intense. Nei casi più estremi, in cui il “Wind Shear verticale” è altamente positivo a causa del passaggio del ramo principale del “Jet Stream” (a 250 hpa), si può creare l’ambiente adatto alla nascita di grandi trombe d’aria o tornado che possono apportare danni ingenti, come quello che recentemente ha colpito l’area di Buenos Aires.
Attualmente l’attività convettiva rimane molto intensa sul bacino amazzonico, specie fra lo stato brasiliano dell’Amazonas e l’Amazzonia peruviana, per il transito del “fronte di convergenza intertropicale” (ITCZ), attestato con i primi elementi principali a cavallo della linea dell’equatore. Quasi tutti i forti temporali che quotidianamente, specie fra il pomeriggio e la serata, si sviluppano sopra la regione amazzonica, sono originati dall’ITCZ, la quale mantiene attiva nei bassi strati delle aree di convergenza venti (fra la debole ventilazione da NE e i più freschi venti meridionali che risalgono dal sud dell’Amazzonia) che stimolano l’innesco dei forti moti convettivi (intense correnti ascensionali) pronti a costruire gli enormi annuvolamenti cumuliformi che danno la stura ai temporali, di natura “termoconvettiva”. Molti di questi, a causa dell’intenso riscaldamento diurno (derivato dai passaggi “zenitali” del sole) e delle notevoli fonti di umidità fornite dalla stessa foresta pluviale (piena di corsi d’acqua, stagni e paludi) che copre l’intera area dell’Amazzonia, possono raggiungere dimensioni spaziali considerevoli, dando luogo a fenomeni precipitativi davvero violenti, coadiuvati da attività elettrica a fondoscala, elevati valori di rain/rate e furibondi colpi di vento, legati ai “Downburst” delle singole “Celle”.
Se analizziamo i dati pubblicati dall’INMET, il prestigioso Istituto Nazionale di Meteorologia brasiliano, notiamo come in molte località dell’Amazzonia gli accumuli pluviometrici parziali, dal 1 Gennaio 2013 ad oggi, superano abbondantemente i valori registrati lo scorso anno. Se si prende come esempio la città di Manaus, capitale dello stato dell’Amazonas, nonché la più grande città situata nel cuore dell’Amazzonia lungo le rive del Rio Negro, da Gennaio ad oggi l’accumulo parziale avrebbe già superato i 987 mm, ben 79 mm in più rispetto al dato registrato nel Marzo del 2012. Gran parte di questi 987 mm si sono accumulati tramite rovesci temporaleschi molto intensi che hanno creato allagamenti e ingenti danni nella città di Manaus. E’ la stagione delle piogge non è ancora finita fin quando l’ITCZ, che segue i passaggi “zenitali” del sole, non si sarà spostato più a nord, verso la Colombia, la Guyana e sul confine venezuelano meridionale.
Passaggio che avverrà non prima della fine di Aprile. Anche sull’Amazzonia più meridionale, già dal prossimo mese, si dovrebbe assistere ad una lenta attenuazione dell’attività convettiva e delle annesse precipitazioni, con l’avvento di una stagione secca effimera. Riguardo i forti temporali che hanno investito le altre aree del Brasile centrale e sud-orientale c’è da dire che questi sono da attribuire al transito di sistemi frontali o di fronti freddi annessi a sistemi depressionari in spostamento sull’Atlantico meridionale, seguiti da masse d’aria molto più fresche da SO e S-SO in risalita dall’Argentina centrale e dall’Uruguay che convergono con l’aria molto più calda preesistente su queste aree. Lo scontro fra le differenti masse d’aria può dare origini a fenomeni temporaleschi molto intensi. Non di rado accompagnati da grandinate e fortissime raffiche di vento. Anche per i prossimi giorni la tendenza vede un ulteriore accanimento dell’attività temporalesca su varie aree del sud-America, dal nord dell’Argentina all’Amazzonia.