“I dati ci dicono che dall’incidente di Chernobyl del 1986 in poi l’andamento del cosiddetto ‘fall-out’ delle concentrazioni di Cesio-137 e’ nettamente diminuito, prima molto rapidamente poi piu’ lentamente (rapporto Arpa Piemonte 2011). Tuttavia ben 12 anni fa Maria Belli, allora direttore di laboratorio dell’Anpa (Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente) aveva formulato l’ipotesi che il Cesio-137, caduto con pioggia e neve al suolo, potesse essere rimasto intrappolato nei ghiacciai e che in seguito allo scioglimento degli stessi potesse essere liberato nei cicli ambientali”. E’ quanto sottolinea in una nota, in seguito alla notizia di valori di radioattivita’ in cinghiali della Val Sesia, Silvio Viale, presidente di Radicali italiani. “Nel 2000 – ricorda – Belli diceva che uno studio sul Colle del Lys (nel massiccio del Monte Rosa) aveva evidenziato chiaramente la presenza di strati di radionuclidi dovuti a Chernobyl nel ghiaccio situato a 40 metri di profondita’, mentre piu’ in basso, a quota -70 metri, si sono riscontrati i picchi dovuti agli esperimenti nucleari degli anni ‘7. E ancora nello stesso documento si sottolineava che secondo una ricerca realizzata dall’Arpa di Vercelli sui ghiacciai dell’Alta Valsesia, se la fase di regressione dei ghiacciai fosse continuato con questo ritmo, si poteva stimare che il rilascio della radioattivita’ causata dalla nube di Cernobyl, sarebbe avvenuto tra una decina d’anni. Sapendo che la regressione dei ghiacciai e’ addirittura aumentata in questo ultimo decennio e che nei suoli acidi il Cesio-137 puo’ essere ceduto piu’ facilmente ai vegetali entrando nel ciclo alimentare degli animali selvatici (e che i suoli della Val Sesia sono fortemente acidi), ci sono tutti gli elementi per credere che l’ipotesi possa essere corretta e debba essere verificata”. “Con questo – precisa Viale – non voglio affermare con certezza, come sembrano fare moti osservatori, che l’aumento del Cesio 137 nelle carni dei cinghiali dipenda in maniera diretta e assoluta dal fall-out di Chernobyl, perche’ altri fattori metabolici o comportamentali potrebbero essere determinanti, ma che l’ipotesi meriti una valutazione approfondita. Al di la’ delle facili certezze di un certo stupore scandalistico, veloce a crearsi, ma altrettanto veloce a dissolverei, bisogna capire se tutto cio’ sia confinato alla Val Sesia o sia destinato a ripetersi in altre zone alpine”.