Tante scosse di terremoto hanno interessato molte zone dell’Italia centro/meridionale nelle ultime 48 ore: ne abbiamo avuta una sull’Etna, una addirittura a Roma in città, tante nel basso tirreno, decine sull’Appennino Tosco/Emiliano tra bolognese e forlivese, e poi 4 stanotte in Aspromonte, nel reggino, in una zona molto delicata in quanto l’Arco Calabro deriva dalla complessa interazione tra la zolla Africana ed Europea di cui esso costituisce un frammento posto proprio al limite tra le due zolle.
Queste le scosse della notte in Aspromonte:
- ore 00:39 – magnitudo 3.3 – profondità 7.8km
- ore 01:00 – magnitudo 1.7 – profondità 9.7km
- ore 01:20 – magnitudo 2.0 – profondità 9.8km
- ore 05:00 – magnitudo 2.7 – profondità 16.1km
Queste invece le scosse di magnitudo superiore a 2 da ieri a oggi sull’Appennino tosco/emiliano:
- ore 03:48 di domenica 3 marzo – magnitudo 3.1 – profondità 11.5km
- ore 04:14 di domenica 3 marzo – magnitudo 2.0 – profondità 21.9km
- ore 04:28 di domenica 3 marzo – magnitudo 2.3 – profondità 9.7km
- ore 04:50 di domenica 3 marzo – magnitudo 2.1 – profondità 10.0km
- ore 06:08 di domenica 3 marzo – magnitudo 2.0 – profondità 10.1km
- ore 15:57 di domenica 3 marzo – magnitudo 2.5 – profondità 8.3km
- ore 17:44 di domenica 3 marzo – magnitudo 2.0 – profondità 10.4km
- ore 04:53 di lunedì 4 marzo – magnitudo 3.4 – profondità 9.1km
- ore 08:24 di lunedì 4 marzo – magnitudo 2.0 – profondità 10.0km
Queste scosse rientrano in un meccanismo generale che è comune allo sciame sismico in atto zona di Sora, in provincia di Frosinone, così come al terremoto dell’Aquila del 2009, a quello dell’autunno 2012 nel Pollino e a quello che nel 1997 ha colpito Umbria e Marche, come ha spiegato di recente il direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Alessandro Amato, approfondendo il tema e illustrando una situazione dovuta al movimento di estensione dell’Appenino dal Tirreno all’Adriatico, che avviene ad una velocita’ compresa fra tre e cinque millimetri l’anno: “vale a dire che ogni mille anni l’Appennino si estende di qualche metro“, osserva Amato. Questa sollecitazione viene distribuita su diversi sistemi di faglie: quello piu’ vicino al Tirreno, poi il sistema piu’ interno, e quindi il sistema di faglie piu’ vicino all’Adriatico. La deformazione dovuta al movimento dell’Appennino, prosegue il sismologo, “si accumula nei secoli su queste diverse strutture, provocando terremoti forti, ma anche terremoti meno intensi“. Non c’e’ ancora un pieno accordo fra gli studiosi sulle cause del movimento che fa progressivamente estendere l’Appennino, come fosse un elastico. L’ipotesi piu’ accreditata e’ quella che vede il motore di questo movimento nella placca Adriatica, sulla quale l’Appenninno e’ “appoggiato“. La placca Adriatica ruoterebbe in senso antiorario rispetto ad un punto localizzato in Italia settentrionale e in questo movimento trascinerebbe con se’ la catena montuosa. “Questo tipo di movimento – spiega Amato – non e’ costante lungo tutto l’Appennino ed e’ questo il motivo per cui lungo questa catena montuosa avvengono terremoti con meccanismi diversi“.
“La penisola italiana e’ attualmente attraversata da un periodo di tempesta crostale, ovvero e’ entrata in una fase in cui e’ costantemente bombardata da scosse di terremoto“, ha dichiarato qualche settimana fa Giovanni Gregori, geofisico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, aggiungendo che “il nostro paese e’ come un tavolo squassato che riceve continuamente un colpo dietro l’altro. Per la Terra si tratta di una fase fisiologica che puo’ durare diversi anni, fino a quando non si arriva a periodi di calma piatta“.