Quando si dice che dalla storia non si impara niente bisognerebbe riferirsi al vulcano Vesuvio, ben conosciuto in tutto il mondo non solo per la sua pericolosità, ma per aver sepolto in modo così catastrofico e istantaneo Pompei ed Ercolano. Era il 79 d.C. e una cenere incandescente ricoprì un’area di 4 chilometri quadrati. Un’eruzione di 19 ore che depositò 3 metri di cenere, che uccise tutti ma che conservò anche tutto: la vita com’era un secondo prima del disastro.
Il Vesuvio oggi è in stato di quiescenza, ma sappiamo bene che non solo è attivo, ma non può cambiare il genere di attività di tipo esplosiva, ben diversa da quella dell’Etna, con una lava fluida e che non forma pericolosi tappi di lava, sotto i quali la pressione cresce a dismisura e poi l’energia si libera in un istante.
Il vulcano segue un tipo di attività ciclica, che prevede periodi di quiescenza da 3 a 7 anni. E’ evidente che qualcosa non torna, dato che ne sono passati più di 60 dall’ultima eruzione. E’ stato possibile capire dove sia ora il magma: otto chilometri sotto la superficie è presente un accumulo, dal centro del golfo di Napoli fino quasi all’Appennino. Per questo motivo si ritiene che l’attività potrebbe riprendere in qualsiasi momento.
A fronte di una situazione pericolosa come questa è proprio la densità abitativa nell’area del vulcano a renderlo il più pericoloso del mondo. E davvero la politica ci risparmi i “mi dispiace” e “non ricapiterà più” quando esploderà il vulcano, se non verrà fatto qualcosa ora. Conosciamo la storia e conosciamo il rischio. Invece che sentire parlare di prevenzione, e non ci si riferisce solo al vulcanesimo, si parla solo di condoni. La perfetta politica del galleggiare che sta facendo, invece, sprofondare il Paese, in tutti i campi. Oltre che essere un pessimo esempio di cultura di legalità e civiltà.
Nella foto: l’eruzione del 1944