Fare sport è universalmente considerato salutare. Questo è vero se compiuto con moderazione e regole precise, altrimenti il rischio è dietro l’angolo. Si va dallo sciatore senza allenamento che dopo aver guidato ore si butta sulle piste, al ciclista della domenica che decide di rincorrere un picco inaccessibile per “provare la propria resistenza”, a tanti settori agonistici dove invece che insegnare a partecipare si spingono i ragazzini a vincere con qualsiasi mezzo.
Anche il calcio è uno sport pericoloso. Non lo è solo in quanto sport di azione in cui si può cadere e scontrarsi con altri giocatori, ma in quanto ai traumi ripetuti che la testa subisce colpendo il pallone. C’è un limite di sicurezza per non preoccuparsi dei colpi di testa? Sì, non bisognerebbe andare oltre i 1000 all’anno, 3 al giorno, insomma. Altrimenti si sommano piccoli traumi cranici che possono portare a deficit cognitivi e di coordinazione. I danni fisici non si producono immediatamente, ma col tempo e con un danno alle fibre nervose, evidenziabile con risonanza.
Un altro studio mette invece in guardia non contro questo genere di testate ma contro gli scontri fisici con altri giocatori, dopo i quali è stato notato l’innalzamento di una proteina indicatrice di sofferenza cerebrale in corso. Un valore anomalo che rientra in poche e non porterebbe a danni. Insomma, gli studi sono ancora in corso, ma è abbastanza ovvio che colpire una palla da 450 grammi a 80 Km/h ripetutamente o darsi delle zuccate non sia una cosa auspicabile, anche in assenza di uno specialista che lo dica. Occorre però una cultura dello sport che si opponga all’agonismo esasperato e alla pratica senza prevenzione: una sana educazione allo sport, senza allarmismi ma nemmeno sottovalutazioni. Anche la boxe o il football sono sport “pesanti” e non per questo da condannare, ma da condurre con consapevolezza e intelligenza.