I ricercatori possono anche studiare i depositi prodotti da queste eruzioni subglaciali, al fine di capire se siano stati creati al di sotto o al di sopra della linea di galleggiamento dei grandi laghi all’interno dei ghiacciai – simili agli anelli d’acqua che vengono lasciati all’interno di una vasca da bagno. Essi sono in grado di estrarre informazioni su come il ghiacciaio si sia evoluto effettuando un’analisi di questi diversi “anelli”, o zone di passaggio. James Russell, un vulcanologo presso la University of British Columbia e autore principale dello studio, in collaborazione con il suo team, è riuscito ad effettuare misure precise dello spessore dello strato di ghiaccio antico al tempo dell’eruzione, avvenuta circa 1,8 milioni di anni fa. I ricercatori sono stati in grado, inolltre, di mappare una zona di passaggio dei depositi piroclastici che hanno lasciato la prima fase dell’eruzione, consentendo accurate stime dello spessore dei ghiacci. Questa tecnica può essere usata anche per altri vulcani subglaciali, molto rari, ubicati per lo più in Islanda, nella Columbia Britannica, nello stato dell’Oregon e sotto i ghiacci antartici. Applicando la stessa tecnica ad altri vulcani subglaciali si riuscirà a fornire nuove frontiere dei modelli paleoclimatici, che considerano tempi ed estensioni delle glaciazioni planetarie.
Comprendere i cambiamenti climatici attraverso i vulcani subglaciali
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