Gli anni compresi fra il 1993 e il 1999 hanno rappresentato una eccezione, quando la banchisa faceva registrare un incremento di quasi 15 milioni di chilometri quadrati (5.8 milioni di chilometri quadrati). Stesso discorso, ma in negativo, vale per il 2006 e il 2007, annate che hanno fatto registrare una drastica riduzione dell’estensione dei ghiacci marini, che si sono ridotti sotto i 14 milioni di chilometri quadrati (5.400 mila miglia quadrate), ben al di sotto della media. Proprio in quegli anni si stabilirono gli ultimi grandi minimi d’estensione della recente storia climatica del Polo Nord. Nelle ultime settimana, peraltro, si è osservata la formazione di una vasta area di mare aperto che ha iniziato a formarsi intorno la Terra di Francesco Giuseppe e a nord delle isole Svalbard. Anche tra il mar di Kara e il mar della Siberia Orientale, l’arrivo di masse d’aria più calde, ulteriormente scaldate e continentalizzate dopo il passaggio obbligatorio sopra le vaste distese dell’Eurasia, ha incrementato il processo di fusione dei ghiacci, favorendo l’apertura di aree di acque libere, più congeniali alla navigazione marittima. Al contrario, l’estensione del ghiaccio continua a rimanere leggermente superiore al normale nel mare di Bering. In quest’area si conferma un trend positivo che va avanti ormai da diversi anni.
Purtroppo la copertura di ghiaccio rimane molto più sottile di quanto non fosse in passato, con una percentuale elevata di ghiaccio molto giovane, formato nell‘ultimo anno. Questo tipo di ghiaccio, di nuova formazione, è più sottile, molto vulnerabile al rialzo termico previsto con l’avvento della stagione estiva. Dopo i gravi minimi del 2007, 2011 e 2012, l’Artico ha perso una quantità significativa di ghiaccio vecchio, ossia i ghiacci molto spessi che hanno origini decennali, quindi meno vulnerabili alle fusioni estive e ai movimenti di deriva, causati dai forti venti polari, che portano fuori dalla regione artica i blocchi di ghiaccio, comportando una successiva fusione. Ciò mette in evidenza come il ghiaccio giovane, di recente formazione, sia più esposto al processo di fusione, essendo molto vulnerabile sia all’aumento delle temperature che all’azione dei venti di tempesta e al moto ondoso.
Proprio l’anno scorso, in occasione del minimo record, ne abbiamo avuto una prova. All’inizio dell’Agosto 2012 una profonda circolazione depressionaria, colma di aria piuttosto fredda in quota, si è formata a ridosso delle coste della Siberia orientale per poi spostarsi in direzione del mar Glaciale Artico. Il 6 Agosto 2012 il potente ciclone extratropicale, spostandosi sopra il settore centrale del mar Glaciale Artico, si è rapidamente approfondito, fino a raggiungere un minimo barico al suolo che è sceso sotto i 964 hpa, un valore estremamente basso per questa regione. Le isobare (linee di uguale pressione), molto fitte attorno il sistema di bassa pressione, hanno prodotto forti venti di tempesta che hanno spazzato, con raffiche fino a 130-140 km/h, tutto il settore centrale del mar Glaciale Artico e la banchisa del Polo, provocando anche delle nevicate, con un sensibile abbassamento delle temperature nell’area a nord dell’Artico canadese e dell’Alaska. La profonda polar low, scesa fino a 964 hpa, ha insistito sul settore centrale dell’Artico fino ai giorni successivi, per iniziare successivamente a dissiparsi, perdendo buona parte della sua potenza. Senza ombra di dubbio il transito di una area ciclonica di simile intensità avrà avuto ampie ripercussioni in tutta l’area artica. Gli effetti del suo passaggio però sono veramente complessi. Infatti, mentre gran parte della regione influenzata dal ciclone di inizio Agosto ha subito un calo improvviso della temperatura e nevicate diffuse, le aree interessate dai venti meridionali hanno dovuto fare i conti con un sensibile aumento della temperatura per il richiamo di masse d’aria più temperate, in risalita dalle latitudini temperate. Non è un caso se in coincidenza con il transito della tempesta, una vasta area ricoperta di ghiaccio, nel Mare della Siberia orientale (concentrazioni in genere inferiore al 50%), si è rapidamente sciolta nel giro di pochi giorni. Nei tre giorni consecutivi (il 7, 8 e 9 Agosto) l’estensione del ghiaccio marino è scesa di quasi 200.000 chilometri quadrati (77220 miglia quadrate). Questo potrebbe essere dovuto alla rottura meccanica del ghiaccio che ha comportato una maggiore fusione data l’azione combinata dei forti venti e delle grandi ondate prodotte dalla tempesta che impattavano con violenza sulla banchisa.