La ricerca della vita su altri mondi è stata sino ad ora rivolta alla presenza di acqua liquida. La sua presenza infatti, garantirebbe la probabilità che la vita come noi la conosciamo, possa svilupparsi ed evolversi nel tempo. Gran parte del lavoro svolto nell’astrobiologia riguarda la zona abitabile, l’area alla giusta distanza dalla stella nella quale è possibile che un pianeta possa ospitare acqua allo stato liquido, e quindi potenzialmente la vita. Un recente studio, però, ha preso in esame un fattore molto importante che generalmente viene sottovalutato: la pressione atmosferica. “La pressione atmosferica influisce sulla temperatura dell’acqua liquida che viene comunemente utilizzata per definire l’abitabilità planetaria“, ha detto Giovanni Vladilo dell’Osservatorio Astronomico di Trieste e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal. “Quindi, se si vuole stimarne l’abitabilità, si dovrebbe prendere esplicitamente in considerazione la pressione“. Sulla Terra, lo spazio intorno a noi è colmo di molecole d’aria che pesano collettivamente sui nostri corpi. Anche se questo fenomeno non si avverte, l’atmosfera della Terra preme in basso con la forza di un chilogrammo per centimetro quadrato. La biologia terrestre si è evoluta per operare a questa pressione, che a sua volta impallidisce rispetto alle creature degli abissi marini che possono resistere a decine di tonnellate per metro quadrato. Inoltre la pressione atmosferica ha un certo impatto sull’ebollizione dell’acqua quando essa passa da liquido a gas. Chiunque abbia cucinato ad una quota di montagna, avrà sperimentato che l’acqua non bolle alla tipica temperatura di 100°C, ma ci mette qualche minuto in più. L’atmosfera a quote più elevate è più rarefatta, quindi inferiore rispetto al livello del mare. Il ricercatore ha poi spiegato che “la temperatura è un indicatore della velocità dei movimenti molecolari. Il punto di ebollizione si verifica quando i moti molecolari sono sufficientemente veloci per permettere alla maggior parte delle molecole di fuggire, e quindi trasformarsi in gas”. “Maggiore è la pressione – spiega – più velocemente le molecole devono muoversi, cioè maggiore è la temperatura a cui devono essere sottoposte per evaporare”. Nel nuovo studio, Vladilo e colleghi hanno modellato un pianeta come la Terra per dimensioni e composizione atmosferica. I ricercatori hanno anche variato i parametri orbitali come la distanza da una stella simile al Sole, “spostando” il pianeta ad una distanza simile a quella di Venere e Marte rispettivamente. Il team ha così scoperto che la zona abitabile si è ampliata a seconda della pressione atmosferica del pianeta. Ad un decimo della pressione terrestre, il bordo esterno della zona abitabile si è ampliata soltanto del 2%, ma non appena la pressione atmosferica è aumentata di tre volte, la zona abitabile si è estesa per un ulteriore 18%. I risultati indicano, in sintesi, che un pianeta extrasolare simile alla Terra per altri parametri, ma con una pressione atmosferica superiore, potrebbe essere considerato abitabile anche se più vicino alla propria stella. Viceversa, una terra con una pressione più bassa non sarebbe considerata abitabile, a meno che non si trovasse ad una distanza maggiore da quella attuale.