L’aumento della temperatura globale del tardo 19° secolo ripropone lo schema della Mini Era Glaciale, scrive Peter Ferrara per Forbes: “l’andamento della temperatura globale accompagna, non i livelli in aumento della CO2, ma i cicli di temperatura oceanica dell’Oscillazione Pacifica Decadale (Pacific Decadal Oscillation, PDO) e della Oscillazione Atlantica Multidecennale (Atlantic Multidecadal Oscillation, AMO).”
Ogni 20-30 anni, l’acqua molto fredda presente sul fondo dell’oceano, sale verso la superficie, dove provoca un leggero effetto raffreddante sulle temperature globali fino a che il sole non scalda quell’acqua. Quell’acqua intiepidita poi contribuisce a temperature leggermente più calde, fino al ciclo successivo.
Quei cicli di temperatura oceanica costituiscono i motivi per cui le temperature si sono alzate tra 1915 e il 1945, quando le emissioni di CO2 erano molto più basse che negli anni recenti. Il mutamento in un ciclo di temperatura oceanica fredda, principalmente il PDO, è la ragione principale per cui le temperature globali sono scese dal 1945 fino alla fine degli anni ’70, nonostante l’aumento di emissioni di CO2 durante il periodo di industrializzazione post-guerra che ha interessato l’intero globo.
I 20-30 anni dei cicli di temperatura oceanica sono tornati caldi dalla fine degli anni ’70 fino alla fine degli anni ’90, ragione principale per cui le temperature si sono alzate in quel periodo. Ma il riscaldamento è terminato 15 anni fa, e le temperature globali hanno smesso di aumentare sin da allora, sebbene le emissioni globali di CO2 siano salite. Come ha riportato l’Economist, “Il mondo ha aggiunto approssimativamente 100 bilioni di tonnellate di carbonio nell’atmosfera tra il 2000 e il 2010. Quasi un quarto di tutta la CO2 emessa dall’umanità dal 1750.”
Eppure, nessun riscaldamento durante quel periodo. Perché? L’effetto serra della CO2 è debole e marginale paragonato alle cause naturali del cambiamento climatico.
All’inizio, l’attuale stallo del riscaldamento globale era attribuito ai cicli oceanici che ritornavano nella fase fredda. Ma qualcosa di molto più nefasto si è sviluppato durante questo periodo: le macchie solari seguono ritmi di breve termine di circa 11 anni, e ritmi di lungo termine che vanno dai 90 ai 200 anni. Il numero di macchie solari è declinato sostanzialmente nell’ultimo ciclo di 11 anni, mentre, nell’attuale, l’attività solare è crollata. La NASA ha emesso un rapporto nel gennaio di quest’anno dove si afferma che “il sole potrebbe essere al principio di un evento tipo Maunder. L’attuale ciclo solare è il più debole degli ultimi 50 anni.”
Il programma radiofonico The Voice of Russia ha affermato ad aprile che “il riscaldamento globale, che è stato l’oggetto di tante discussioni negli anni recenti, dovrebbe invece dare la precedenza al raffreddamento climatico. Secondo scienziati dell’Osservatorio Pulkovo a San Pietroburgo, l’attività solare sta diminuendo, sicché anche le temperature medie annuali inizieranno a declinare. Scienziati britannici e statunitensi sono ormai concordi nell’affermare che le previsioni del raffreddamento climatico sono ormai lontane dall’essere infondate.”
Il comunicato citava Yuri Nagovitsyn dell’Osservatorio Pulkovo, il quale sostiene che “l’attività solare è in calo. Il ciclo solare di 11 anni non apporta un cambiamento climatico significativo – solo l’1-2%. L’impatto del ciclo di 200 anni è molto più grande – oltre il 50%. A tale riguardo, potremmo trovarci in un periodo di raffreddamento della durata di 200-250 anni.” In altre parole un ritorno a una Mini Era Glaciale.
L’Herald tedesco ha riportato a marzo che i meteorologi tedeschi hanno rilevato che “l’inizio del 2013 è il più freddo degli ultimi 208 anni” e citano lo scienziato russo Habibullo Abdussamatov dell’Osservatorio Pulkovo, il quale dichiara che “ciò è prova di un ingresso in una Mini Era Glaciale. Dopo avere studiato le macchie solari e la loro relazione col cambiamento climatico sulla Terra, direi che ci troviamo ormai in una inevitabile avanzata verso un profondo calo di temperature.”
La fiducia nel Riscaldamento Globale sta collassando anche nella tanto devota Europa, che sta vivendo inverni sempre più rigidi che hanno cominciato a invadere persino la primavera. Christopher Booker, in un articolo sul Sunday Telegraph scrive che “in questo secolo, le temperature medie invernali sono scese di 1,45°C, più del doppio dell’aumento che ha caratterizzato il periodo 1850-1999, e il doppio rispetto all’aumento delle temperature registrate nel XX secolo.”
Persino il Britain Met Office, quasi da considerarsi il quartier generale dei sostenitori del riscaldamento globale, ha ammesso lo scorso dicembre che non ci sarebbero stati più incrementi di temperatura almeno fino al 2017.
“Il Riscaldamento Globale non diverrà mai il problema che molti cercano di ingigantire. Le emissioni umane di CO2 costituiscono solo il 4 – 5% delle emissioni totali globali, incluse le cause naturali. Le concentrazioni atmosferiche della CO2 nelle lontane ere geologiche erano molto, molto più alte di oggi, eppure la vita è andata avanti. Forse perché l’impatto delle temperature sugli incrementi di concentrazione della CO2 declina logaritmicamente. Ciò significa che c’è un limite naturale su quanto la CO2 può effettivamente riscaldare il pianeta” – afferma Peter Ferrara per Forbes – “C’è un problema fondamentale con le temperature registrate in questo periodo controverso che stiamo vivendo, quando la scienza climatica si è incontrata e confusa con la scienza politicizzata. Le registrazioni effettuate da terra, sotto il controllo del Met Office, della NASA e del NOAA, mostrano più riscaldamento di quanto ne rivelino invece i satelliti. Però le rilevazioni satellitari sono state a loro volta avallate dai palloni meteorologici. E’ quando si giunge a terra che le informazioni vengono distorte.”Ciò che ora non si può fare a meno di notare è la grande divergenza tra le temperature del mondo reale e le proiezioni dei modelli climatici del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC). Ecco perché “dal 1999 al 2011, le previsioni sulle temperature di 11 anni su 12 del Met Office erano troppo alte” scrive a gennaio il corrispondente climatico della BBC Paul Hudson.