Quando gli tsunami si verificano nei laghi: i casi storici in Svizzera, Italia e America

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Generalmente uno tsunami si origina da un terremoto, con epicentro quasi sempre in mare aperto. Tuttavia esistono situazioni molto particolari in cui onde anomale si sviluppano anche negli specchi d’acqua “interni” come laghi e paludi. Ce ne parla il geologo Giampiero Petrucci.

Acque interne. Una statistica attesta che circa il 90% degli tsunami in mare aperto è originato da terremoti di natura tettonica. Le restanti cause sono divise tra frane, eruzioni, particolari condizioni meteorologiche (i meteotsunami) e meteoriti (i maremoti generati dai corpi celesti nella storia del nostro pianeta). In un lago la situazione è diversa perché l’origine di onde anomale è legata frequentemente ad una grande frana lungo le sponde: è come se gettassimo un sasso in una bacinella d’acqua. Ovviamente, maggiori sono le dimensioni della massa franosa e la sua velocità di discesa, più alte e forti saranno le ondate. Qualcuno include questi eventi tra gli tsunami propriamente detti, altri preferiscono indicarli come onde anomale. Effettivamente tra i due fenomeni esistono alcune differenze, se non di causa (perché i terremoti influenzano anche le oscillazioni delle acque di un lago) almeno di sviluppo. Come noto, in un oceano lo tsunami può percorrere migliaia di km, coinvolgere enormi masse d’acqua (l’energia si propaga fino ai fondali marini) ed aumentare considerevolmente l’altezza delle onde all’approssimarsi della costa. In un lago, ovviamente, i volumi di acqua interessati dal fenomeno sono molto inferiori e le onde vengono generate in un ambiente geograficamente più limitato, ristretto e meno profondo in cui tra l’altro possono persistere più a lungo tramite fenomeni di risonanza, oscillazioni e riflusso tra le sponde. In sostanza il livello di uno tsunami oceanico è globale mentre nel lago diventa locale. Per quanto rari, in particolare se collegati a grandi distruzioni, questi eventi sono comunque accaduti, nel passato remoto ed in tempi a noi più vicini. I casi più emblematici si sono sviluppati nelle placide ed incantevoli valli elvetiche.

Il lago Lemano, teatro del grande disastro nell’anno 563. Dal delta sublacustre del Rodano, sulla destra, si origina una grande frana che genera onde anomale le quali percorrono il bacino nel senso indicato dalla freccia, da est ad ovest. I numeri rossi indicano i minuti di percorrenza dell’onda che raggiunge Ginevra in circa 70 minuti. I numeri gialli indicano l’altezza delle onde che a Losanna raggiungono i 13 metri ed ai Ginevra gli 8 metri
Il lago Lemano, teatro del grande disastro nell’anno 563. Dal delta sublacustre del Rodano, sulla destra, si origina una grande frana che genera onde anomale le quali percorrono il bacino nel senso indicato dalla freccia, da est ad ovest. I numeri rossi indicano i minuti di percorrenza dell’onda che raggiunge Ginevra in circa 70 minuti. I numeri gialli indicano l’altezza delle onde che a Losanna raggiungono i 13 metri ed ai Ginevra gli 8 metri

Lemano. Il lago di Ginevra, detto anche Lemano, è il più occidentale della Svizzera. Si allunga in direzione est-ovest per una settantina di km ed è situato al confine tra Francia e Confederazione Elvetica. Sulle sue rive oggi vive circa un milione di persone: le città principali sono Montreux, Losanna e la stessa Ginevra. Nell’anno 563 è teatro di una grande catastrofe naturale, descritta nei resoconti di due valenti vescovi del periodo, Gregorio di Tours e Mario di Avenches: le acque del lago, sottoforma di enormi ondate, travolsero le sponde, generando morte e distruzione, con parecchi morti, presumibilmente centinaia. Fino a poco tempo fa si riteneva, interpretando gli scritti dei due ecclesiastici, che una frana originatasi sulla sponda orientale del lago (in una località nota come Tauredunum e dalla quale l’evento prende nome) avesse in qualche modo ostruito il bacino, creando una sorta di enorme diga naturale. L’afflusso continuo di acque provenienti dal Rodano, il fiume che entra nel lago ad est e vi esce ad ovest, avrebbe eroso poco a poco la diga, fino a provocarne l’improvviso cedimento, riversando quindi un’enorme quantità di acqua nella parte occidentale del bacino e distruggendo la stessa Ginevra.

Negli ultimi anni però tale teoria ha perso credito. Alcuni valenti ricercatori dell’Università di Ginevra (Katrina Kramer, Stephanie Girardclos e Guy Simpson) hanno infatti gettato nuova luce su questa catastrofe. I risultati delle loro ricerche, sviluppate attraverso indagini di sismica a riflessione e carotaggi, convergono su un’altra ipotesi. Ad alcuni metri di profondità al di sotto del fondo del lago, nella sua parte centrale, è stato infatti rinvenuto un particolare strato di sedimenti, a forma di lente, lungo una decina di km, dello spessore medio di circa 5 metri. Uno strato dalla granulometria gradata (sabbia in basso e silt in alto) che sistematicamente diventa più fine salendo verso la superficie: caratteristiche tipiche di una torbidite ovvero di sedimenti deposti da una corrente di torbida, un forte e veloce scorrimento di materiale terrigeno più denso della massa d’acqua in cui si muove. Una specie di frana sottomarina, tipica delle zone di margine della piattaforma continentale, con deposizione finale sul fondo oceanico: eventi improvvisi che interrompono la regolare sequenza di sedimentazione, particolarmente evidenti nel record geologico di un lago. Il fatto che lo spessore di questo strato sia maggiore verso est (verso la foce del Rodano) e la datazione col metodo del radiocarbonio di sostanze organiche e vegetali, presenti all’interno dello strato stesso, tra l’anno 381 ed il 612 (dunque perfettamente compatibile con il 563), rappresentano i tasselli fondamentali che concorrono alla formulazione di una nuova ipotesi sullo sviluppo della catastrofe.

Una grande frana di materiale roccioso si origina nei pressi della foce del Rodano, all’estremità orientale del lago. La località più indiziata per il movimento franoso sembra essere la montagna denominata oggi Le Grammont, nei pressi di Les Evouettes. La frana in sé, pur essendo importante, non provoca onde significative, anche perché potrebbe non aver effettivamente raggiunto le acque del lago: piuttosto è il suo impatto al suolo ad innescare l’evento distruttivo. In corrispondenza della foce del Rodano infatti il fondo del lago, costituito da depositi sciolti trasportati dal fiume, non è uniforme ma bensì solcato da alcuni canali, prodotti da processi dinamici legati alle correnti sublacustri, i quali formano una sorta di delta sottomarino. E’ questo delta, costituito da materiali soffici, che sarebbe stato destabilizzato dall’arrivo della frana, perdendo il suo equilibrio e “precipitando” verso il centro del lago, proprio come una vera e propria torbidite nell’oceano. Questo rapido spostamento subacqueo di abnormi masse di sedimenti e detrito avrebbe innescato le grandi onde che avrebbero attraversato il lago verso ovest ad una velocità di circa 70 km/h. Secondo i modelli matematici, realizzati al computer, nel giro di un quarto d’ora le onde sarebbero arrivate a Losanna, con run-up di circa 13 metri. Entrambe le sponde sarebbero state interessate dal fenomeno, con interi villaggi distrutti. Dopo circa 70 minuti le onde avrebbero terminato la loro corsa a Ginevra, con altezze prossime agli 8 metri, superando le antiche mura della città, seminando ulteriore morte e distruzione.

Lucerna e Lauerz. Frane sulle sponde dei laghi svizzeri non sembrano così infrequenti, in particolare a partire dall’Ottocento: non solo per il miglioramento delle comunicazioni e delle testimonianze, quanto piuttosto per la sempre maggiore urbanizzazione delle sponde, con conseguente disboscamento dei versanti e dunque maggiore vulnerabilità. Un caso significativo appare quello del lago dei Quattro Cantoni: è infatti noto che dal Burgenstock, la collina situata sulla sua sponda meridionale, negli ultimi decenni si sono susseguiti i distacchi di masse rocciose, di dimensioni limitate, che hanno causato in diverse occasioni piccole onde, senza peraltro provocare danni. Ben più grave invece quanto accadde nello stesso bacino il 18 settembre 1601 quando Lucerna venne invasa da onde alte diversi metri, con gravi danni e vittime. Stavolta l’evento potrebbe essere stato provocato però da un terremoto di magnitudo stimata intorno a 6.2, il ben noto evento denominato Unterwalden (dall’omonimo Cantone), che avrebbe potuto innescare una frana sublacustre, accompagnata da alcuni movimenti franosi subaerei dal Burgenstock: da qui il ritiro delle acque (confermato da alcune testimonianze dell’epoca) e la periodicità delle onde anomale abbattutesi più volte su Lucerna, legata anche a fenomeni di risonanza e di oscillazioni indotte tra le sponde (le cosiddette seiches). Un altro evento simile nello stesso lago è datato 1867 quando alcune case vennero travolte da un’onda alta circa 4 metri: in questo caso però, in assenza di terremoti compatibili, si ritiene che la causa scatenante possa essere stata una frana sublacustre di sedimenti.

Un movimento franoso subaereo è invece alla base delle onde anomale originate nel lago di Lauerz, situato una cinquantina di km a sud di Zurigo, il 2 settembre 1806. Un’enorme frana di circa 36 milioni di mc, staccatasi dal Rossberg, travolge e seppellisce il villaggio di Goldau, causando 457 vittime. Analogamente a quanto accaduto nel Lemano, l’impatto sulle sponde del lago di questa massa detritica destabilizza i sedimenti sul fondo del bacino, provocando ondate enormi, alcune testimonianze parlando di altezze fino a 20 metri, le quali distruggono diversi edifici sull’isoletta di Schwanau. Questo esempio corrisponde perfettamente a quanto potrebbe ripetersi oggi, in qualsiasi lago elvetico. Il Lemano e Ginevra in particolare possiedono grandi insediamenti direttamente sulle sponde del lago ed un evento come quello del 563 potrebbe creare enorme distruzione. Probabilmente, hanno dichiarato a più riprese gli scienziati elvetici, il fenomeno delle onde anomale nei laghi è sottostimato: è difficile dare loro torto.

Il ramo occidentale del Lago di Como sarebbe stato interessato da due tsunami nel VI e XII secolo. Le frane sublacustri, originatrici delle onde anomale, si sarebbero sviluppate nella zona contrassegnata dalla A. La freccia celeste indica lo scivolamento dei sedimenti verso il fondo del lago (B). Le frecce fucsia il movimento delle onde che avrebbero raggiunto Como (C). Alcuni studiosi ritengono possibile il ripetersi del fenomeno in un prossimo futuro (da googlemaps, modificata)
Il ramo occidentale del Lago di Como sarebbe stato interessato da due tsunami nel VI e XII secolo. Le frane sublacustri, originatrici delle onde anomale, si sarebbero sviluppate nella zona contrassegnata dalla A. La freccia celeste indica lo scivolamento dei sedimenti verso il fondo del lago (B). Le frecce fucsia il movimento delle onde che avrebbero raggiunto Como (C). Alcuni studiosi ritengono possibile il ripetersi del fenomeno in un prossimo futuro (da googlemaps, modificata)

Vulnerabilità italiana. Anche in Italia probabilmente non si ha l’esatta percezione della vulnerabilità cui sono sottoposte certe cittadine rivierasche lacustri. Nel nostro paese l’evento più celebre di questo genere è ovviamente il Vajont di cui proprio quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario, ma abbiamo già parlato anche di altre situazioni meno note come la Valle Padusa nel 1624 ed il lago di Bolsena nel 1695 (Gli Tsunami Italiani del ’600: Gargano e Sicilia, Valle Padusa e Bolsena ma non solo…), quando due sismi abbastanza violenti provocarono estese inondazioni nelle aree circostanti gli specchi d’acqua relativi. Importante quanto recentemente segnalato per il lago di Como, teatro di indagini del tutto simili a quelle eseguite a Ginevra e dintorni. Batimetria dei fondali, limnogeologia, sismica a riflessione e carotaggi hanno permesso ad un’equipe di scienziati dell’Università dell’Insubria (tra cui Daniela Faletti e Luigina Vezzoli) di valutare attentamente le caratteristiche dei sedimenti presenti al di sotto dei fondali del lago, in particolare nel suo ramo occidentale, tra l’isola Comacina e Brienno. Anche qui, proprio come nel Lemano, è stata rinvenuta la presenza di torbiditi, per la precisione due livelli, con spessori intorno ai due-tre metri, costituiti da diversi milioni di mc di materiale. Si ritiene che le due frane sublacustri si siano sviluppate nell’area tra Bellagio e Tremezzo, proprio all’imboccatura del ramo occidentale del bacino e poi siano scivolate verso sud fino a depositarsi sul fondo. La datazione col metodo del radiocarbonio fa ritenere possibile lo sviluppo dei due eventi franosi intorno all’anno 500-530 ed intorno alla metà del XII secolo. Le cause originatrici dell’evento sono ancora sconosciute: si ritiene possibile anche una combinazione di più fattori. Le ipotesi spaziano da una frana subaerea e/o sub-lacustre, sull’esempio di Ginevra, ad un terremoto, senza trascurare le fluttuazioni del livello lacustre ed un sovraccarico di sedimenti i quali, rotto l’equilibrio, sarebbero scivolati sul pendio sublacustre. Tra i sismi indicati come possibili cause scatenanti sembrano compatibili, come età ed intensità, sia quello del 1117, detto di Verona, o quello del 1222, detto di Brescia (tutti i terremoti con magnitudo superiore a 5.5 della storia d’Italia), che seminarono distruzione per l’intera Pianura Padana. Associati a queste due frane non si esclude la possibilità dello sviluppo di due tsunami: pur non esistendo nessun documento scritto in cui venga citato il fenomeno, la tradizione orale comasca è ricca di edifici scomparsi, “sepolti dalle acque”, principalmente chiese edificate sulle rive del lago nonchè le ville di Plinio il Giovane, nato proprio da quelle parti. In ogni caso alcune simulazioni numeriche attestano che una frana di grandi proporzioni nella porzione centro-settentrionale del ramo occidentale del lago potrebbe generare onde anomale le quali, causa la batimetria dei fondali, potrebbero impennarsi fino ad una decina di metri a Como, penetrando fino a Piazza Duomo, in pieno centro cittadino. Un’ipotesi catastrofistica che tuttavia non deve essere accantonata come mera teoria scientifica.

Il borgo di Feriolo, sulla sponda occidentale del Lago Maggiore, semidistrutto da una frana nel 1867. Lo scoscendimento sarebbe stato originato da un fenomeno noto come “avvallamento di sponda” che avrebbe provocato il cedimento dell’intero versante, scivolato verso il fondo del lago, trascinando via case e persone. 17 le vittime accertate
Il borgo di Feriolo, sulla sponda occidentale del Lago Maggiore, semidistrutto da una frana nel 1867. Lo scoscendimento sarebbe stato originato da un fenomeno noto come “avvallamento di sponda” che avrebbe provocato il cedimento dell’intero versante, scivolato verso il fondo del lago, trascinando via case e persone. 17 le vittime accertate

Anche perché gli esempi di onde anomale nelle acque interne italiane, per quanto rari, sono comunque presenti. Nel lago Maggiore, detto anche Verbano, si segnalano due eventi: nel 1867 le cronache riportano un innalzamento del livello lacustre di circa 60 cm, associato ad una grande frana che fa sprofondare nell’acqua una buona parte del borgo di Feriolo, situato sulla sponda occidentale del bacino, ad ovest di Verbania. Non è chiara la causa generatrice dell’evento, per alcuni legato ad un sisma di cui però non si hanno conferme. Potrebbe invece trattarsi di un avvallamento di sponda ovvero di un cedimento del versante, con conseguente franamento sublacustre: fenomeno che tra l’altro sembra accaduto anche anni prima sia a Suna che Intra. Più certo invece che fu un terremoto, con epicentro nella regione svizzera del Vallese, ad originare le onde anomale che il 23 marzo 1960 invasero gli imbarcaderi di Verbania (Intra e Pallanza), senza provocare danni ingenti ma generando comunque caos e panico. Nel Verbano inoltre vengono segnalate anomale fuoriuscite di gas nei delta sublacustri di Ticino e Verzasca, sulla sponda elvetica del bacino: queste manifestazioni, se di intensità elevata, potrebbero teoricamente alterare l’equilibrio dei sedimenti e generare instabilità dei pendii sublacustri, provocando di conseguenza onde anomale. Scosse sismiche, con epicentro nei pressi di Monte Baldo e Salò, sono alla base anche di alcune oscillazioni del moto ondoso registrate nel lago di Garda, rispettivamente nel 1866 e nel 1901. Il terremoto dei Monti Albani del 26 dicembre 1927 provocò invece sollevamento, oscillazioni, intorbidamento delle acque (che secondo alcuni testimoni “bollivano”) nel lago di Nemi. Episodi lievi, certamente, ma che testimoniano come anche i laghi del nostro paese possano essere comunque soggetti ad onde anomale.

Il risultato devastante dell’eruzione del Mount St. Helens nel 1980. L’area a righe trasversali rappresenta i depositi dell’enorme frana che, entrando nello Spirit Lake (in celeste), causò un’onda anomala alta più di 200 metri (da USGS e wikipedia)
Il risultato devastante dell’eruzione del Mount St. Helens nel 1980. L’area a righe trasversali rappresenta i depositi dell’enorme frana che, entrando nello Spirit Lake (in celeste), causò un’onda anomala alta più di 200 metri (da USGS e wikipedia)

In America. Ovviamente, anche il resto del mondo vede esempi similari. Nel 1837 il lago Burdur, in Turchia, venne interessato da onde anomale alte diversi metri che uccisero molte persone, penetrando nella terraferma per alcune centinaia di metri, forse a seguito di un forte terremoto. Anche in Nordamerica non mancano episodi disastrosi. I Grandi Laghi americani, al confine tra Stati Uniti e Canada, sono stati ripetutamente interessati dai cosiddetti meteotsunami, onde anomale di origine atmosferica: questi eventi, caratterizzati dalla rapidità di sviluppo e da onde alte alcuni metri, hanno ripetutamente provocato danni e vittime. Però uno dei casi più famosi ed eclatanti riguarda lo Spirit Lake e la celeberrima eruzione del Mount St. Helens, avvenuta il 18 maggio 1980: il vulcano si trova nella catena montuosa denominata Cascade Range, lungo il margine di subduzione tra la placca Juan de Fuca e la Nordamericana, di cui abbiamo già parlato (Cascadia 1700: come lo “tsunami orfano” ha ritrovato il padre).

L’evento eruttivo, tra i più distruttivi di tutto il Novecento, inizia con una terribile esplosione che squarcia la montagna: collassa l’intero fianco settentrionale, per un’altezza di circa 450 metri, generando un’enorme frana che piomba a valle ad una velocità superiore ai 150 km/h. Un’ingente porzione dell’ammasso detritico giunge nel sottostante Spirit Lake, provocando un’abnorme ondata: è stato calcolato che le acque si siano alzate di almeno 200 metri rispetto al limite precedente, distruggendo migliaia di alberi e rimescolando caoticamente i precedenti depositi vulcanici. Le onde hanno continuato per diverso tempo ad andare avanti ed indietro nel bacino, generando importanti fenomeni di riflusso, con ulteriore devastazione. Per molti giorni la superficie del lago è rimasta coperta di detriti e tronchi degli alberi sradicati dalle colline circostanti. Alla fine, l’intero panorama è stato devastato: la vegetazione cancellata, il bacino diventato più piccolo di oltre il 10% e meno profondo di prima. Fortunatamente, l’area era praticamente disabitata. L’eruzione è poi continuata con estrema violenza, attraverso flussi piroclastici riversatisi a valle, nube pliniana di ceneri e pomici alta diversi km, catastrofici lahars (flussi di detriti, fango ed acqua prodotta dallo scioglimento di neve e ghiaccio) che si sono sviluppati nei fiumi circostanti alla stregua di vere e proprie onde di tsunami, capaci di distruggere parecchi ponti ed abitazioni.

Tra 7mila e 15mila anni fa il Lake Tahoe fu teatro di una grande catastrofe. Nella zona della McKinney Bay, contrassegnata dal triangolo fucsia, si sviluppò un’enorme frana, forse a seguito di un forte terremoto, che provocò enormi ondate verso la costa orientale del bacino. Le frecce celesti indicano la direzione principale delle onde la cui altezza massima è stimata in diverse decine di metri (da googlemaps, modificata)
Tra 7mila e 15mila anni fa il Lake Tahoe fu teatro di una grande catastrofe. Nella zona della McKinney Bay, contrassegnata dal triangolo fucsia, si sviluppò un’enorme frana, forse a seguito di un forte terremoto, che provocò enormi ondate verso la costa orientale del bacino. Le frecce celesti indicano la direzione principale delle onde la cui altezza massima è stimata in diverse decine di metri
(da googlemaps, modificata)

Tahoe. Una frana di enormi dimensioni è all’origine anche delle onde anomale che colpirono migliaia di anni fa le sponde del Lake Tahoe, uno dei laghi più famosi e visitati d’America, al confine tra Nevada e California, situato qualche decina di km a sud di Reno. Lungo 35 km e largo 19 km, il lago si trova in un graben, un bacino intermontano circondato da faglie, alcune delle quali scorrono pure al di sotto dei suoi fondali. L’area, tra le più turistiche degli Stati Uniti, nasconde un pericolo: la sua sismicità. Alcuni studi recenti, per quanto tacciati di catastrofismo, parlano del lago come di un “gigante addormentato”, capace di generare un terremoto di magnitudo 7.0, con conseguenze devastanti. A sostegno di questa teoria, anche alcune ricerche sublacustri, eseguite tramite appositi robot, le quali hanno individuato sul fondo del lago i resti di un grande ammasso franoso in corrispondenza della McKinney Bay. Appare possibile che l’enorme scoscendimento di materiale franato nel lago, probabilmente proprio a causa di un forte terremoto, abbia potuto provocare onde anomale di grandi dimensioni, si suppone con altezze di svariate decine di metri, le quali avrebbero devastato in particolare la sponda orientale del bacino. La datazione col metodo del radiocarbonio di questi ammassi franosi pone l’evento tra i 7mila ed i 15mila anni fa. Dunque una catastrofe antica ma che, a detta degli scienziati, potrebbe teoricamente ripetersi e che in ogni caso alza la vulnerabilità di uno dei luoghi più visitati d’America. Una conferma ulteriore di quanto i laghi, per quanto incantevoli, in Svizzera come negli Stati Uniti ma generalmente in tutto il mondo, possano nascondere insidie importanti, spesso sottovalutate.

Si ringraziano il dott. Stefano Carlino (INGV – Osservatorio Vesuviano) e la dott.ssa Stephanie Girardclos, dell’Università di Ginevra, per la gentile collaborazione

BIBLIOGRAFIA

  • Arpa Piemonte, Tutti i laghi senza lacune, Arpa Piemonte, 2010
  • Fanetti D., Anselmetti F., Chapron E., Sturm M., Vezzoli L., Megaturbidite Deposists in the Holocene Basin Fill of Lake Como (Southern Alps, Italy), Palaeo, Vol. 259, pp. 323-340, 2008
  • Kremer. K.,  Simpson G., Girardclos, S., Giant Lake Geneva tsunami in AD 563, Nature Geoscience, 5, pp.756–757, 2012
  • Schnellmann M., Anselmetti F., Giardini D., McKenzie J. A., Ward S. N., Ancient Earthquakes at Lake Lucerne, American Scientist, Vol. 92, pp. 38-45, 2004
  • Thuro K. & Hatem M., The 1806 Goldau Landslide Event – Analysis of a Large Rock Slide, Geologically Active, pp. 3693 – 3700, 2010
  • Zecchi R., Distribuzione delle onde anomale nei laghi italiani, Bollettino A.I.C. nr. 126-127-128, pp. 357-363, 2006
  • www.wikipedia.org
  • www.usgs.gov
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