Invece a dodici anni di distanza dalla direttiva europea 2002/24/CE sulle bici elettriche, esse rimangono ancora un prodotto di nicchia, poco richiesto.
Perché non decolla l’uso di questo veicolo elettrico, nonostante ecoincentivi e agevolazioni varie? Credo che sia proprio la direttiva succitata la causa del mancato successo.
Essa infatti definisce la bicicletta elettrica (a pedalata assistita) come una bici dotata di un motore elettrico che abbia i seguenti requisiti: in primis non deve superare la potenza nominale massima di 250W, l’alimentazione del motore funge soltanto se il ciclista pedala; l’alimentazione del motore si riduce man mano che aumenta la velocità per interrompersi al raggiungimento dei 25 km/h.
Si tratta quindi di una normativa assolutamente contestabile e priva di alcuna logica e buon senso. Difatti risulta che un ciclista che pedali in pianura per circa 6 ore ad una media (alta) di circa 37 km/h svilupperebbe una potenza nominale media di 160w; molto più bassa dei 250W del motore del velocipede a pedalata assistita.
Ergo non è affatto comprensibile il motivo di questa limitazione della velocità a 25 km orari, con un motore che avrebbe prestazioni molto più alte. Forse per ragioni di sicurezza? Sovvengono parecchie perplessità su ciò: un normale cicloamatore che viaggia in pianura alla media dei 30 km/h non sarebbe in condizioni di sicurezza? Sarebbe un contravventore abituale?
Ma il punto più bizzarro riguarda la riduzione dell’alimentazione del motore che raggiunge la massima spinta attorno ai 15 km h, per poi attenuarsi fino ai 24 orari e interrompersi ai 25. Quindi sei praticamente quasi costretto a mantenere un’andatura di 15, 16 km h, altrimenti se acceleri la spinta è quasi nulla…a quel punto non è meglio comprarsi una bicicletta classica?
È un vero peccato, perché se la spinta del motore si mantenesse massima e costante fino al raggiungimento dei 30 km h, sommata ad una leggera pedalata del ciclista la renderebbe certamente un mezzo di trasporto più pratico ed efficiente per andare al lavoro e per ricoprire tragitti fino a 10 km giornalieri (andata e ritorno).
Sarebbe veramente il massimo, considerando che si tratta di veicoli a emissioni zero: diventerebbero una concorrente spietata per i ciclomotori che pian piano verrebbero ridotti a meri “oggetti cult” da antiquariato.