Ayers Rock, la roccia più grande del mondo che gli aborigeni chiamano ancora Uluru

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L’Australia: natura e progresso; da un lato, il progresso tecnologico e le grandi città di stile e conformazione europeo; dall’altro, la natura, incontaminata ed indomita. Esempio di tale lato selvaggio di questa nazione è l’Ayers Rock (Uluru nella lingua aborigena), il più imponente massiccio dell’outback australiano (le aree interne dell’isola); tale meraviglia, di impressionante bellezza, è stata designata dal 1987 come Sito del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO ed è uno dei pochi a contenere tesori culturali e naturali di simile unicità.  Esso è definito un monolito, ma più precisamente una parte di una formazione rocciosa monolitica, composta da un enorme blocco di roccia arenaria, molto più grande ed in gran parte sotterraneache comprende anche i Kata Tjuta e il Monte Connor; si staglia per circa 350 m. rispetto al territorio circostante e sprofonda nel terreno per circa 7 Km; ha un’altitudine di 864 m s.l.m. ed una circonferenza di circa 9 km ed è caratterizzato da una superficie molto dura e pareti estremamente lisce a strapiombo. Caratteristica precipua del massiccio è il modo in cui esso sembra cambiare colore nelle diverse ore del giorno e nei diversi mesi dell’anno; alba e tramonto, in particolare, producono veloci variazioni di colore estremamente spettacolari (ed è probabilmente specialmente questo che ne rende in larga misura la più grande attrazione turistica australiana): questi effetti di colore sono dovuti a minerali come i feldspati che riflettono particolarmente la luce rossa; il massiccio è inoltre costituito in larga parte di ferro e il suo colore rosso è dovuto all’ossidazione. Si ritiene che il processo di generazione di Ayers Rock sia infatti cominciato circa 500 milioni di anni fa quando il sedimento cominciò ad accumularsi su un antico fondale marino; quindi, circa 300 milioni di anni fa, le acque si ritirarono e successivi ripiegamenti del suolo provocarono un’inclinazione di quasi 90 gradi dello strato di arenaria e infine, intorno a 40 milioni di anni or sono, il vento e la sabbia completarono il processo scolpendo e modellando la superficie di arenaria.

A 25 km dal monolito, ai confini del Parco di Uluru, si trovano i Monti Olgas, una serie di 36 magnifiche “cupole” naturali considerate il risultato di secoli di erosioni eoliche e pluviali, il cui nome aborigeno Kata Tjuta significa propriamente “il Luogo delle Molte Teste”; la teoria ci dice che probabilmente un tempo gli Olgas fossero un unico enorme monolito – forse addirittura più vasto dell’Ayers Rock – trasformato e suddiviso poi in molte montagne tondeggianti proprio a seguito di fenomeni naturali). Vicino all’estremità ovest di Ayers Rock è degna poi di nota la comunità aborigena di Mutitjulu (pop. ca. 300), la cui popolazione si chiama Pitjantjatjara Anangu (che significa “gente” in lingua Pitjantjatjara); a 17 km di distanza, appena fuori dal parco, si trova invece il paese turistico di Yulara (pop. 3000 Pitjantjatjara); una curiosità a riguardo deriva dal fatto che gli Yankunytjatjara, cosa molto particolare, chiamano i turisti che vanno a visitare Uluru ed i Kata Tjuta minga tjuta, espressione che significa “formiche”, così da descrivere l’immagine che danno dalla cima di queste formazioni.

Uluru ha inoltre un ruolo particolare nella mitologia del dreamtime (“era del sogno”, o tjukurpa,  “miti di fondazione” relativi alla nascita dell’Australia, atti a spiegare le caratteristiche geografiche del territorio come una sorta di “tracce” di azioni di esseri di natura quasi ancestrale, vissuti appunto in questo dreamtime) delle popolazioni del luogo: gli aborigeni ritengono infatti che questi elementi geografici mantengano per sempre l’essenza vitale e creativa degli esseri che l’hanno generata. Queste creature ancestrali sono generalmente descritti come giganti in parte umani e in parte simili ad animali o piante; ed il sito stesso di Uluru sembra portare i segni dell’attività di numerose creature ancestrali. La maggior parte dei miti sull’Uluru, sulle sue caverne, le sue pozze, le sue sorgenti, o le caratteristiche del paesaggio circostante sono segrete, e non vengono rivelate ai piranypa (i non-aborigeni); solo gli elementi generali della storia della formazione dell’ Ulu?u sono noti. Secondo il mito infatti, Tatji, la Lucertola Rossa, che abitava nelle pianure, giunse a Uluru: lanciò allora il suo kali (boomerang), che si piantò nella roccia; Tatji scavò allora dunque la terra alla ricerca del suo kali, lasciando numerosi buchi rotondi sulla superficie della roccia (è da mettere a riguardo in evidenza il fatto che questa parte della storia è volta a spiegare alcuni insoliti fenomeni di corrosione sulla superficie di Uluru); non essendo però riuscito a trovare il suo kali, Tatji morì in una caverna; i grossi macigni che vi si trovano oggi sarebbero dunque i resti del suo corpo.

Un altro mito riguarda invece due fratelli bellbird (un uccello australiano della famiglia dei passeri) che cacciavano un emù: l’emù fuggì verso Uluru e due uomini lucertola dalla lingua blu, Mita e Lungkata, lo uccisero e lo macellarono (alcuni grossi macigni nei pressi di Uluru sono infatti tuttora interpretati come pezzi della carne dell’emù); quando i fratelli bellbird giunsero sul posto, gli uomini lucertola diedero loro un misero pezzetto di carne, sostenendo che non c’era altro. Per vendetta allora, i fratelli bellbird diedero fuoco al riparo degli uomini lucertola; questi cercarono di fuggire scalando le pareti della roccia, ma caddero e arsero vivi (questa storia è invece atta a spiegare i licheni grigi sulla superficie della roccia nella zona dove si sarebbe tenuto il pasto, che sono considerati traccia del fumo dell’incendio, e due macigni semi-sepolti, che dovrebbero essere i resti dei due uomini lucertola).

Queste e altre storie del dreamtime sono rappresentate da numerosi dipinti rupestri lungo la superficie di Ayers Rock. Secondo la tradizione aborigena infatti, questi dipinti vengono frequentemente rinnovati; fra gli innumerevoli strati di pittura, i più antichi risalgono tuttavia a migliaia di anni fa. Diversi luoghi lungo il perimetro dell’Uluru hanno dunque, proprio per tutto ciò, valenza religiosa particolarmente forte, ed i turisti che li visitano sono soggetti a diversi livelli di proibizione (per esempio di non avvicinarsi a determinati luoghi o non scattare fotografie). Gli aborigeni hanno inoltre richiesto proprio per questo più volte che i turisti non scalino il massiccio, ottenendo tuttavia scarsi risultati a riguardo. Giornalmente, è comunque a disposizione dei visitatori del monolito un efficiente Travel Desk in grado di organizzare trasferimenti, escursioni di ogni genere, diurne e notturne, attività sportive, animazione serale; recentemente soggetto a diverse opere di tutela e protezione, esso rappresenta, per ora e per il futuro, un indiscusso centro di forte progresso economico, turistico e culturale per l’Australia intera.

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