Fra pochi giorni il Colosseo tornerà parzialmente alla quiete. La chiusura al traffico di via dei Fori Imperiali limiterà il flusso di auto che da decenni scorre continuo intorno all’enorme anfiteatro, mettendo un freno alle vibrazioni e allo smog che da tempo ne stavano aumentando il deterioramento. Resterà aperta al traffico solo la parte a ridosso del versante meridionale, in direzione di Via Labicana e del Circo Massimo.
Negli ultimi decenni il Colosseo è stato soggetto anche ad altre sollecitazioni figlie del mondo moderno, come la metropolitana. La linea B della metro di Roma passa infatti proprio al di sotto dell’enorme monumento, bucandone parzialmente il basamento.
Il Colosseo, nei suoi quasi duemila anni di storia, ha sopportato comunque ben altre sollecitazioni. Ad esempio quelle dei terremoti. Roma non è una città ad altissimo rischio sismico, non sono presenti nel suo sottosuolo faglie capaci di generare terremoti potenti. Gli epicentri più vicini si registrano con frequenza nella zona dei Colli Albani, ma anche in questo caso non si tratta di magnitudo alte, anche se talvolta abbastanza forti da provocare apprensione.
I terremoti di cui Roma deve temere e che maggiori danni hanno provocato nei secoli, sono quelli che avvengono nell’Appennino centrale. In questa fascia i terremoti possono superare la magnitudo 7.0, catastrofici per le zone in cui avvengono ma con danni anche nella Capitale, specialmente sulle strutture più antiche e deboli.
L’aspetto attuale del Colosseo, voluto da Vespasiano ed inaugurato nell’80 d.C. dall’imperatore Tito, è il risultato di crolli causati dai terremoti più forti avvenuti negli ultimi duemila anni, come quelli del 443 e 484 d.C., quello catastrofico del 1349 e quello del 1915 nella Piana del Fucino. Anche i terremoti minori hanno agito indebolendo progressivamente la struttura.
La metà meridionale dell’anfiteatro Flavio si presenta molto più danneggiata di quella settentrionale, che conserva ancora i tre ordini di archi fino alla sommità. L’anello più esterno dell’antico Anfiteatro Flavio (l’antico nome del Colosseo), risulta interamente distrutto nella porzione sud, dove sono presenti muri di contenimento ed opere di restauro realizzate nell’800 da Papa Pio VII.
Il motivo per cui solo una porzione del Colosseo è crollata a causa dei terremoti mentre altre sono ancora praticamente intatte, è stato individuato recentemente nel diverso tipo di suolo su cui poggia l’antica struttura. È ormai noto che le onde sismiche vengono amplificate quando passano attraverso terreni poco consolidati, per un fenomeno detto di risonanza, mentre non risentono di amplificazioni al passaggio su terreni rocciosi o molto compatti.
Gli studi di Funiciello e Rovelli, risalenti a una decina di anni fa, hanno mostrato come la parte meridionale del Colosseo, cioè quella più danneggiata dai crolli, poggia le fondamenta su sedimenti alluvionali fluvio-lacustri di un antico affluente del Tevere, che proprio in quel punto (nella zona dove oggi si trova Piazza del Colosseo e inizia via Labicana) formava dei pantani. La parte settentrionale invece, quella rimasta intatta, poggia su rocce vulcaniche ben più solide. La differenza è risultata sostanziale. Le onde sismiche amplificate nella zona sud hanno portato a vistosi crolli, mentre la parte nord è rimasta pressoché intatta fino ai giorni nostri.
Questo diverso comportamento delle onde sismiche a seconda dei suoli viene sempre più considerato nelle mappe di pericolosità, e richiede un lavoro accurato di microzonazione sismica nel quale viene presa in considerazione non solo la probabilità che un terremoto avvenga in un dato luogo e in un certo intervallo di tempo, ma anche l’amplificazione che esso potrebbe avere in ogni punto del terreno.
Il Colosseo dunque ha resistito a millenni di terremoti, pur pagando un costo salato in termini di crolli e cedimenti. Durante il medioevo il Colosseo ha sofferto anche il totale abbandono e il suo utilizzo come cava per materiali edili. L’invasione del traffico veicolare e ferrotranviario è l’ultima sollecitazione in ordine di tempo, ed è avvenuta intorno ad una struttura ormai antichissima e deteriorata. Tuttavia importanti restauri sono stati effettuati negli anni ’80 e ’90, e a breve ne dovrebbero partire di nuovi. Inoltre lo stato in cui versa il Colosseo oggi, dopo quasi duemila anni ancora in piedi, deve far riflettere sul grado di capacità ingeneristica a cui erano arrivati i Romani.
Anche la metropolitana, come già detto, ha degli impatti sulla struttura. Tuttavia studi scientifici hanno mostrato come il maggior impatto derivi dal traffico veicolare in superficie, e la frequenza delle vibrazioni prodotte dal passaggio dei convogli non ha effetti paragonabili con quelli di una scossa sismica.
Intanto ad aprile sono partiti gli scavi per la realizzazione del tratto San Giovanni-Fori Imperiali della futura linea C della metropolitana, e per l’occasione nuovi scavi interesseranno il sottosuolo nell’area del Colosseo, con la realizzazione anche di una galleria pedonale di scambio fra le stazioni Colosseo e Fori Imperiali. Diverse associazioni fra cui Italia Nostra, il Forum Salviamo il Paesaggio ed esponenti del Movimento 5 Stelle hanno lanciato una petizione popolare all’Unesco e ai presidenti di Camera e Senato affinché l’opera venga fermata. Ciò che viene denunciato è l’elevatissimo impatto che i lavori di scavo avrebbero sui tanti monumenti presenti lungo il tracciato, compreso il Colosseo che, secondo alcuni, rischierebbe un ulteriore indebolimento se non addirittura un crollo della struttura.
Fonti:
- Funiciello R., Rovelli A., Terremoti e monumenti a Roma. Le Scienze, maggio 1998;
- Funiciello R. et alii, I Sette Colli – Guida geologica a una Roma mai vista. 2006