Geoturismo. La grotta dell’orso a Bossea

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La Grotta di Bossea è la prima grotta turistica italiana ed è situata nelle Alpi Marittime sopra l’abitato di Frabosa Sottana, in Piemonte.

Si tratta di un vero e proprio di museo sotterraneo che richiama un grande afflusso di visitatori all’anno sia dall’Italia che dall’estero.

Le principali attrattive della grotta sono le spettacolari stalattiti e stalagmiti: concrezioni calcaree che si formano in ambiente carsico e che possiedono una forma simile a quella di enormi candele discendenti dalle volte della grotta (stalattiti) oppure che si sviluppano dal pavimento verso l’alto (stalagmiti).

Ma il clou della visita è certamente la “Sala dell’Orso” dove sono conservati ed esposti reperti fossili di un orso preistorico gigantesco estintosi alla fine dell’ultima glaciazione: l’Ursus spelaeus (orso delle caverne).

Si trattava di un grosso animale dall’aspetto corpulento, molto più massiccio delle attuali specie di orsi. L’orso delle caverne è, nella cultura popolare,” l’archetipo del cattivo”: un essere gigantesco, mostruoso e feroce che assaliva l’uomo preistorico; in realtà però questo urside non attaccava affatto l’uomo, anzi il suo regime alimentare era prettamente vegetariano.

L’Ursus spelaeus dimorava in queste grotte alla ricerca di un rifugio per il suo letargo invernale al riparo dai freddi rigidissimi dell’era glaciale.

Per la maggior parte dell’anno vagava quindi alla ricerca di cibo per cercare di costruirsi una sufficiente riserva di grasso per superare il lungo e rigido inverno. Spesso però non riusciva ad accumularsi una riserva di energia sufficiente per resistere al lungo periodo iemale ed allora periva in caverna: da qui i numerosi resti fossili che sono rinvenuti in questa ed in altre grotte carsiche.

Riguardo all’età di questi animali i resti fossili esposti nella grotta di Bossea forniscono importanti notizie: si tratta di esemplari molto giovani o molto vecchi e ciò perché, il difetto d’esperienza per i primi o l’eccessiva usura dei denti per questi ultimi, creava una certa difficoltà a costruirsi una riserva energetica adeguata per sopportare il digiuno invernale.

 

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