Gli tsunami, o più semplicemente maremoti, sono eventi ormai notori per il loro potenziale distruttivo: si tratta dello spostamento di una grande massa d’acqua che, una volta giunta alla costa, raggiunge altezze considerevoli: il termine tsunami, deriva dal giapponese tsu (porto) e nami (onda), proprio a causa della distruzione che lasciano dietro di sé una volta giunti nelle zone costiere.
Gli tsunami sono innescati da terremoti sottomarini o in prossimità della costa oppure da frane sottomarine o costiere, da eruzioni vulcaniche.
Le comuni onde marine prodotte dal vento spostano solo gli strati più superficiali della colonna d’acqua, non avendo alcuna conseguenza sugli strati più profondi, mentre le onde di tsunami spostano la colonna d’acqua nella sua interezza, dal fondale alla superficie, e sono in grado di propagarsi per migliaia di chilometri conservando pressoché inalterata la loro energia ed essendo quindi in grado di abbattersi con eccezionale violenza anche su coste molto lontane dal punto di origine.
In mare aperto invece, le onde di tsunami passano spesso inosservate. Lo spessore del fondale, la velocità di propagazione e l’altezza dell’onda sono grandezze strettamente correlate tra loro: in mare aperto l’onda viaggia molto veloce ed è bassissima, mentre quando si avvicina alla costa rallenta e si alza molto (divenendo violenta e distruttiva).