Un team internazionale di astronomi ha individuato quattro eventi esplosivi sopra il piano della nostra Via Lattea. Della durata di pochi millesimi di secondo, queste fonti inviano potenti segnali radio nell’universo, viaggiando per miliardi di anni luce. “Queste esplosioni emanavano più energia in un solo millesimo di secondo di quanto non faccia il Sole in 300.000 anni“, ha detto il ricercatore Dan Thornton dell’Università di Manchester, in Inghilterra, autore principale dello studio. Attraverso il radiotelescopio CSIRO Parkes in Australia, i ricercatori hanno calcolato la distanza tra 5,5 e 10 miliardi di anni luce, che in sistesi significa che l’evento è accaduto 5,5-10 miliardi di anni fa. Per capire la provenienza di tali esplosioni e valutare se l’area fosse all’interno o all’esterno della nostra galassia, il team ha studiato come le onde radio siano state allungate e rallentate attraverso il materiale ionizzato attraverso cui si muovono. Secondo Thornton l’origine è probabilmente situata in un’altra galassia. Le sorgenti radio extragalattiche oggi conosciute, variano generalmente su scale temporali di giorni o mesi, mentre quelle osservate recentemente avvengono in pochi millesimi di secondo.
Questo lascia il caso ancora aperto. La teoria più accreditata è quella di una raffica gigante proveniente da una magnetar, una stella di neutroni che possiede un enorme campo magnetico, milioni di miliardi di volte quello terrestre, il cui decadimento genera delle intense ed abbondanti emissioni elettromagnetiche, in particolare raggi X e raggi gamma. Queste esplosioni di radiazioni possono produrre un’enorme quantità di energia, anche se sono difficili da individuare in virtù del tempo molto ridotto. Il radiotelescopio Parkes è ideale per lo scopo: esso scandaglia una regione del cielo in un determinato lasso temporale. A distanza di un anno dagli eventi, gli astronomi hanno continuato ad osservare costantemente la regione di spazio, senza riuscire a scorgere una replica del fenomeno. L’obiettivo, come si legge nella rivista Science, è quello di riuscire a rilevare questi eventi in tempo quasi reale, tanto da poter essere seguiti e studiati con maggior dettaglio. La ricerca è stata pubblicata con un articolo di James Cornell della Cornell University di New York.