Viaggio ai confini del Sistema Solare: un immaginario fotogramma del paesaggio di Plutone

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Vista ipotetica dalla superficie di Plutone
Vista ipotetica dalla superficie di Plutone

Un’immensa distesa di neve e ghiaccio, su cui un Sole terribilmente remoto spande la sua luce spettrale. Questo è un immaginario fotogramma del paesaggio di Plutone, il pianeta nano che chiude la coorte dei corpi celesti più grandi che orbitano intorno al Sole. Scoperto soltanto nel 1930 da un grande e tenace osservatore del cielo, l’americano Clyde Tombaugh, il corpo presenta temperature superficiali intorno ai -230°C, con una massa pari a un decimo di quella terrestre e con un tempo di rivoluzione molto lungo. Ma plutone, distante 6 miliardi di chilometri dal Sole, viaggia su un’orbita che interseca quella del pianeta gassoso che lo precede: Nettuno. Plutone appare legato per più versi al mondo un pò etereo e misterioso delle comete, vergini folli del Sistema Solare, come le ha definite qualche scienziato in vena di poesia. Dal momento che la sua massa si aggira su valori molto bassi, gli astrofisici nel tempo hanno ipotizzato varie teorie sulla sua storia geologica, forse legata in parte a questo mondo.

 Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute.
Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute.

Plutone possiede probabilmente una debole atmosfera, composta prevalentemente da metano gassoso, quindi da argon, azoto, monossido di carbonio, ossigeno. Probabilmente la pressione atmosferica, comunque estremamente bassa, varia sensibilmente al variare della distanza del corpo dal Sole e con il ciclo delle stagioni: è presente quando il pianeta nano si trova vicino al perielio, nel momento in cui la pressione al suolo raggiungerebbe dai 3 ai 160 microbar, mentre a distanze maggiori dal Sole congela e precipita sulla superficie. Non è chiaro cosa nasconda questo mondo così lontano, anche se recenti mappe ricavate attraverso il telescopio spaziale Hubble, hanno mostrato sostanziali mutazioni nella topografia e probabili precipitazioni nevose ai poli. Da ricordare che nel 1987 il polo sud è uscito dalla sua notte invernale che dura 120 anni terrestri.

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