Le disastrose previsioni di estinzioni di massa non tengono abbastanza conto della capacita’ di resistenza e di adattamento di molte creature e della loro sopravvivenza in passati sconvolgimenti climatici. E’ la conclusione di un’ampia revisione di studi scientifici condotta dal biologo evoluzionistico Craig Moritz dell’Universita’ nazionale australiana di Canberra, secondo cui tali previsioni ”catastrofiche” contrastano con le evidenze fossili di ”robustezza e dinamismo” durante i passati cambiamenti climatici. La ricerca, appena pubblicata su Nature, mette in luce una discrepanza fra la ”resistenza relativamente alta” del passato e le correnti previsioni secondo cui fino al 37% delle specie saranno in pericolo o estinte entro il 2050. E osserva che finora nessuna estinzione di specie e’ stata chiaramente attribuita alla presente fase di riscaldamento. Lo studio rileva che i modelli non sono sufficientemente dettagliati da riflettere le reazioni di singole specie, che possono essere idiosincratiche e imprevedibili. Ad esempio, mentre molte specie si adattano emigrando in aree piu’ elevate o diminuendo di dimensioni, altre si sono trasferite in zone meno elevate o sono aumentate in grandezza. Anche specie contigue, come differenti tipi di scoiattoli e di topi campagnoli, hanno mostrato ”reazioni disparate”. Specie in apparenza vulnerabili talvolta si adattano bene, mentre altre apparentemente robuste e abbondanti, come i moscerini della frutta, possono essere a rischio. Moritz sottolinea tuttavia che non vi e’ alcun motivo di inazione verso le emissioni di gas serra, dato che la presente fase di riscaldamento e’ differente da quelle preistoriche, in parte a causa della presenza dell’uomo. Un’altra differenza chiave e’ il tasso senza precedenti del riscaldamento. ”Se non resteremo entro i limiti che la maggior parte delle specie hanno attraversato durante la loro evoluzione, cioe’ un aumento non superiore ai due gradi, ”sara’ meglio prepararsi a delle sorprese spiacevoli”, avverte.