Secondo un nuovo studio di un team di ricercatori della Columbia University, la roccia fusa proveniente dal caldo mantello della Terra può perforare la crosta sovrastante nel giro di pochi mesi. Prima della mortale eruzione dell’Irazú in Costa Rica avvenuta nel 1963, il magma è risalito per 35 chilometri in circa due mesi, mettendosi in moto dal mantello e raggiungendo la bassa camera magmatica del vulcano. La prova di tale evento proviene dalle misurazioni geochimiche sui cristalli di olivina della cenere eruttata. La scoperta aiuterà a prevedere i segnali precursori di altri eventi simili, come i terremoti ad alta profondità ipocentrale che si sono verificati settimane o mesi prima dell’eruzione del Pinatubo o del vulcano Eyjafjallajökull in Islanda. Prima di questa scoperta, si pensava che il magma percorresse questo lungo viaggio nell’arco di migliaia di anni, arrivando in superficie sostanzialmente modificato. Ora, si è visto che tutto ciò può concludersi in pochi mesi, percorrendo un lungo viaggio attraverso quella che è stata definita “l’autostrada dall’inferno”.
Tale situazione, tuttavia, non si verifica in ogni vulcano, pertanto i terremoti a grande profondità non sempre sono sinonimo di eruzione imminente. L’Irazù è un vulcano ad arco che passa su un’area di subduzione. Come ben sappiamo in queste zone due placche si scontrano, una delle quali si tuffa direttamente nel mantello. Rappresentano la configurazione di alcune delle più grandi e imponenti eruzioni della storia. L’obiettivo è quello di valutare se ogni vulcano ad arco possa avere la stessa possibilità o se questa caratteristica sia confinata ai vulcani dell’anello di fuoco. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.