Una nube di polvere in atmosfera tre mesi dopo l’evento di Chelyabinsk

MeteoWeb
Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center Scientific Visualization

Lo scorso mese di Febbraio un asteroide di qualche metro di diametro esplose sopra i cieli della città russa di Chelyabinsk, mandando in frantumi le finestre delle abitazioni e ferendo oltre 1000 abitanti. Ora, un nuovo studio, ha rivelato che un pennacchio di polvere costituito da centinaia di tonnellate di materiale, e lasciato nell’atmosfera terrestre dall’evento, era ancora presente tre mesi dopo la detonazione. “Trent’anni fa avremmo semplicemente potuto affermare che il pennacchio è stato incorporato nella corrente a getto stratosferica“, riferisce Paul Newman, scienziato del laboratorio di scienze dell’atmosfera al Goddard Space Flight Center della NASA. “Oggi – aggiunge – i nostri modelli ci permettono di tracciare con precisione il bolide e capire la sua evoluzione, come si muove in tutto il mondo.” La meteora russa, che pesava 11.000 tonnellate quando ha colpito l’atmosfera, è esplosa a 24 chilometri dal suolo. L’esplosione ha inviato una sferzata di energia 30 volte superiore alla bomba atomica che rase al suolo Hiroshima durante la seconda guerra mondiale. Misurazioni preliminari, avvenute soltanto 3,5 ore dopo la caduta dei frammenti, hanno mostrato la nube di polvere a 40 Km in atmosfera, i cui venti la trasportavano a circa 306 Km/h.

La meteora nei cieli della Russia

Soltanto 4 giorni dopo, la parte superiore del pennacchio aveva percorso tutto l’emisfero boreale del nostro pianeta, restando sospesa per tre mesi, appunto. Un evento che ha rivelato maggiori dettagli sul comportamento delle particelle nella nostra atmosfera. Le più pesanti, ad esempio, si muovevano più lentamente, mentre quelle più leggere mostravano un movimento più dinamico in relazione alla velocità del vento e alla quota. I ricercatori della NASA hanno mostrato inoltre, attraverso un video, la scarsa densità di tale nube. Ogni anno la Terra viene colpita da circa 30 tonnellate di polveri spaziali, che vanno ad aggiungersi alle particelle emesse dai vulcani e da altre fonti naturali. Lo studio, non ancora da considerarsi concluso, mira alla comprensione della formazioni di nubi nella stratosfera e nella mesosfera. Un rapporto dettagliato sarà pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters.

Condividi