Anche in Italia la sua presenza si concentra preminentemente nel Mezzogiorno peninsulare, in pieno Mediterraneo; ciononostante negli ultimi anni, complici i cambiamenti climatici ed il conseguente surriscaldamento del pianeta, sta tornando in auge anche a nord degli Appennini nell’area padano-alpina, arrivando addirittura a fare “presenza fissa” in certe zone del Piemonte o dell’Emilia, dove fino a qualche decennio fa pareva impossibile scorgere un impianto di olivicoltura.
Certamente siamo ai limiti del suo areale naturale: l’olivo difatti è molto sensibile alle avversità climatiche, patendo soprattutto le gelate primaverili; tuttavia non si tratterebbe di una novità, poiché numerose testimonianze storiche confermerebbero che effettivamente l’olivo era coltivato nella pianura padana. Per esempio in Piemonte sono stati ritrovati reperti relativi a vecchie attività oleicole.
In Emilia Leon Battista Alberti, figura di spicco del Rinascimento italiano, a metà del Quattrocento parlava dei meravigliosi “ulivi dell’imolese”; prima ancor nel Trecento Paganino Bonafè nel suo Tesoro de’ Rustici -raccolta di poesia in cui parla soprattutto del suo territorio (il bolognese) – dedica ampio spazio alla piantumazione degli ulivi facendone intuire la presenza in quell’area padana e nord-appenninica.
Ed in effetti nell’ultimo decennio, in particolare proprio nella fascia collinare bolognese, sono state messe a dimora oltre 9 mila nuove piante e nel 2003 è nato anche il Consorzio Olivicoltori dei Colli Bolognesi, con l’obiettivo di riscoprire una specie mediterranea di crescente importanza.
Contestualmente sono state avviate iniziative destinate ai cittadini, come nel caso della Festa della potatura dell’olivo, ed ancora degustazioni, percorsi didattici incentrati sull’affascinante storia e coltura dell’olivo, convegni e confronti in cui sono state discusse le esperienze realizzate, le opportunità di sviluppo territoriale e le possibili strategie di promozione e sensibilizzazione dell’olivicoltura.
Oggi si ha quindi un rilancio dell’olivicoltura nel Nord, sotto la spinta anche dell’entusiasmo
che si è diffuso per la coltura summenzionata e ciò fa ben sperare in un suo rilancio su scala più ampia, senza però dimenticarsi delle difficoltà oggettive che l’olivo ha sempre avuto nel nord Italia. Sarà quindi fondamentale esaminare con estrema oculatezza le tecniche colturali, le pratiche agronomiche, il materiale vegetale (…) seguendo accorgimenti tipici di una strategia per ambienti marginali: una potatura attenta e regolare per una migliore utilizzazione della luce e per sfuggire alle malattie favorite dal ristagno dell’umidità; ed una raccolta che deve essere eseguita con il metodo diretto a mano (brucatura), in quanto ragioni sanitarie e climatiche costringono all’anticipo dell’epoca di raccolta rispetto al Sud, impedendo la raccolta da terra (bacchiatura).
…Staremo a vedere.