La fine di un’estate che si è classificata a livello globale al quinto posto tra le piu’ calde di sempre, con una temperatura media degli oceani e della terraferma superiore di 0,59 gradi centigradi alla media del ventesimo secolo, conferma la tendenza al surriscaldamento del pianeta sulla quale occorre intervenire. E’ quanto emerge da una elaborazione della Coldiretti su dati del National Climatic Data Centre (NOAAS) in riferimento all’incontro dell’Ipcc a Stoccolma per discutere il testo finale del “Summary for Policy Makers” del nuovo rapporto sullo stato dei sistemi climatici planetari e sul ruolo e le responsabilità dell’attività umana su di essi. Gli effetti dei cambiamenti climatici si manifestano in Italia con la più elevata frequenza di eventi estremi, con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, l’aumento dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti come le cavallette e la riduzione della riserve idriche. Si tratta di processi – precisa la Coldiretti – che rappresentano una nuova sfida per l’impresa agricola che deve interpretare il cambiamento e i suoi effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio. Se in Europa per alcuni ricercatori persino lo champagne si è dovuto inchinare ai cambiamenti climatici spostandosi nel sud dell’Inghilterra, secondo una analisi della Coldiretti il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni. Ma si è verificato nel tempo – secondo la Coldiretti – anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato quasi a ridosso delle Alpi. Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Un effetto che si estende in realtà a tutti i prodotti tipici. Il riscaldamento provoca infatti anche – precisa la Coldiretti – il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto – conclude la Coldiretti – mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.