Uno studio dei ricercatori del laboratorio di oncologia molecolare dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI) di Roma, diretto dal Giandomenico Russo e coordinati da Maria Grazia Narducci, pubblicato sulla rivista ‘Blood’, ha dimostrato per la prima volta che il gene oncosoppressore chiamato Pten, concorre allo sviluppo dei linfomi cutanei a cellule T. Questa scoperta apre la via alle sperimentazioni farmacologiche sui linfomi cutanei, tumori che a fino ad ora, non dispongono di terapie specifiche per la loro cura. I linfomi cutanei a cellule T sono tumori che colpiscono i linfociti T, cellule del sistema immunitario, che si trovano anche nel sangue. In queste malattie i linfociti T diventano capaci di invadere la pelle e, nelle forme piu’ aggressive come la Sindrome di Sezary, anche di invadere il sangue. Quest’ultima variante insorge molto raramente nella popolazione adulta, ed e’ particolarmente aggressiva e non facilmente curabile. La gestione dei pazienti affetti da questa patologia richiede, inoltre, un intervento costante e personale medico e infermieristico altamente specializzato. La ricerca dell’Idi ha dimostrato che la totalita’ dei pazienti affetti da Sindrome di Sezary esprime bassissimi livelli di Pten. In questo caso altre proteine, tra le quali una nota come Akt, si comportano in maniera ‘abnorme’, provocando la crescita non controllata delle cellule. In definitiva nelle cellule di questo tumore viene a mancare un freno naturale (Pten) e le cellule diventano tumorali. Pten e’ il gene piu’ frequentemente alterato nei tumori umani: nel cancro della prostata, nel tumore dell’utero, nel glioblastoma, nei tumori della mammella e del polmone.