Un team di ricercatori dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), del Cnr (Igag), delle Università di Roma Tre, Messina, e della Calabria (Cosenza), infatti, ha scoperto una mega frana nel Mar Ionio, al largo di Crotone. Gli autori della ricerca, dal titolo “Discovery of an active salt-detached mega landslide, Calabria, Ionian Sea, Italy”, che è stata annunciata recentemente sul sito del Cnr, sono Liliana Minelli, Claudio Faccenna, Anna Gervasi, Ignazio Guerra, Barbara Orecchio, Giulio Speranza e Andrea Billi. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Geophysical Research Letters: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/grl.50818/abstract.
Usando batimetrie, rilievi di terreno, sismica a riflessione, sondaggi profondi e dati Gps, i ricercatori hanno individuato un corpo franoso di dimensioni molto grandi che ha origine a terra nella penisola di Crotone-Capo Rizzuto e si estende verso mare, coinvolgendo una superficie di circa 1000 km quadrati. Il corpo franoso si muove molto lentamente verso sudest “galleggiando” su uno strato di poche centinaia di metri di rocce saline di età Messiniana. Tale strato salino giace ad una profondità di circa 1-2 km. La stazione Gps di Crotone ha fornito dati anomali rispetto ad altri dati provenienti dalle adiacenti stazioni Gps calabresi. Tali anomalie potrebbero essere legate alla presenza della megafrana nella zona di Crotone ed al suo attuale e lento movimento verso mare. Ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio la dinamica di tale frana e la sua velocità complessiva.
Andrea Billi, ricercatore del Dipartimento Scienze della Terra, Università Sapienza, in un’intervista al Quotidiano della Calabria ha sottolineato come “si tratta di una ricerca che si basa su alcuni rilievi effettuati e dati acquisiti negli ultimi 5 anni, che noi abbiamo esaminato e studiato per dar vita alla pubblicazione. Tra i dati utilizzati, molti dei quali già pubblici, ci sono anche quelli che le società che effettuano estrazioni minerarie sono obbligate a fornire al Ministero“. Per il ricercatore, l’enorme movimento franoso ha origine diverse migliaia di anni fa e sui possibili effetti del territorio sottolinea che “si tratta di movimenti verso il mare pari a pochi millimetri all’anno. Anche in questo caso ci vorrebbero rilevazioni più approfondite per studiarne i possibili effetti. Uno degli aspetti da monitorare, per esempio, è quello di eventuali lesioni ad edifici“.