In questo periodo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è stato molto criticato per il suo ultimo report, AR5, per svariate ragioni e questioni. Eppure c’è una particolare critica che si concentra su un aspetto in particolare.
Molti scienziati hanno sempre ritenuto che le variazioni solari abbiano minore impatto sulla terra rispetto alle emissioni di CO2. E’ importante perché secondo i fisici solari il Sole sta per attraversare un periodo di bassa attività. L’attuale picco undecennale è molto debole e potrebbe presagire, secondo i dati storici pregressi, un periodo di clima più freddo, fino al punto da annullare o minimizzare le emissioni di CO2.
La ricerca, com’è normale nell’ambito scientifico, ha stimolato ricerche di altri scienziati: in particolare, alla University of Berne si sono muniti di supercomputer, dati, modelli, hanno generato simulazioni di ogni ordine e grado, ed hanno scoperto l’esatto opposto, cioè che l’idea che l’Oscillazione Nord Atlantica sia responsabile del Periodo Caldo Medievale e poi della Mini Era Glaciale è del tutto sbagliata.
La prof.ssa Judith Curry, altra eminente scienziata di pensiero opposto rispetto alla maggior parte dei suoi colleghi, cita altre ricerche simili a quella svizzera, incluso un report del US National Research Council, che pone molti dubbi sulle previsioni IPCC: “E’ un sollievo che l’unanimità dell’IPCC abbia decretato con molta sicurezza che le variazioni solari non influenzeranno il clima del XXI secolo. Per un minuto, dopo aver letto il report NRC, di Svensmark e Varenholt, ho pensato che noi scienziati abbiamo ancora molto lavoro da fare per riuscire a capire come funziona il sistema climatico della Terra.”