“Oggi viviamo la situazione di un Paese nel quale i temi della previsione e della prevenzione vivono una condizione a macchia di leopardo. A questi temi fanno da pendant i temi della pianificazione ed oggi troppi Comuni non hanno piani di emergenza”. Lo ha detto il prefetto Franco Gabrielli, questa mattina nel corso di un’audizione davanti la commissione Ambiente della Camera, sullo stato di attuazione della legge di riforma della protezione civile e sull’efficacia degli interventi in materia di difesa del suolo. Gabrielli si è riferito soprattutto ai centri funzionali, “strumenti attraverso i quali saremo in grado di non contare più i morti”. Il capo della Protezione Civile ha spiegato che “sui temi del governo del suolo esistono due macroaree di competenza: la prevenzione strutturale, che è al di fuori delle competenze della protezione civile, per quanto fondamentale; e la prevenzione non strutturale che dipende dai centri funzionali, dei capisaldi che in ogni regione sono alla base del sistema di allertamento, definiti nel febbraio 2004 in una direttiva del presidente del Consiglio”. Di seguito Gabrielli ha elencato lo stato dei centri funzionali in Italia. “A distanza di nove anni – ha aggiunto il capo della Protezione Civile -, sono solo undici le Regioni pienamente attive: la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Liguria, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia, la Toscana, le Marche, la Campania e le Province autonome; quattro Regioni hanno solo la parte idro e hanno il supporto del dipartimento per la parte meteo, e sono Umbria, Lazio, Molise, Calabria; sei Regioni non sono ancora attive: Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna”. Gabrielli aveva ricordato la tragedia del Vajont (“monumento a molte cose che nel nostro Paese ancora non vanno”) e la vicenda dell’inondazione dell’Arno, “per cui se dovesse verificarsi quello che è successo nel ’66 molti danni che abbiamo pagato allora li pagheremmo ancora oggi”. “Serve un nuovo patto sociale su questi temi – ha concluso Gabrielli -. I sindaci hanno delle responsabilità ma c’è anche una responsabilità dei cittadini, i temi dell’autoprotezione non appartengono alla nostra cultura”.