Per saperne di più su quella che fu una delle peggiori catastrofi idrogeologiche del ventesimo secolo provocate dall’azione dell’uomo, ci sono molte opere che permettono di approfondire. Negli ultimi anni, una gran quantità di produzioni fra cui libri, opere teatrali e film, ha portato infatti a conoscenza del grande pubblico un evento su cui era ormai caduto l’oblio.
Dopo la frana furono tantissimi gli studi di geologia, geotecnica, idrogeologia, che vennero compiuti sulla zona, dando un enorme impulso a quella branca della geologia che oggi è conosciuta come Geologia Applicata. Il più famoso è forse quello di Hendron e Patton, che nel 1985 diedero un importante passo avanti nella ricostruzione della dinamica della frana, rivelando l’estrema complessità del suo innesco.
Un libro che bisogna assolutamente consultare per saperne di più sulla frana è “Sulla pelle viva, come si costruisce una catastrofe”, della giornalista Tina Merlin. Corrispondente per l’Unità, la Merlin diede voce, negli anni precedenti al 9 ottobre 1963, agli abitanti di Erto e Casso, due paesini che sorgono tuttora nella stretta valle del Vajont, e che erano fortemente contrari alla creazione dell’invaso artificiale. La Merlin scrisse molti articoli negli anni precedenti al disastro, dando voce alle popolazioni locali preoccupate per quella che definivano una montagna franosa e pericolosa. Qualcuno ha detto che la Merlin predisse la frana, e non è del tutto vero: quello che è certo è che la sua opera giornalistica mise molti interrogativi sulla realizzazione dell’opera, diede voce ai “no”, ai dubbi, fece suonare diversi campanelli di allarme, purtroppo non ascoltati.
Per avere un’idea più completa di ciò che accadde quel 9 ottobre 1963, anche e soprattutto da un punto geologico, è molto importante leggere anche il libro “La Storia del Vajont”, del geologo Edoardo Semenza figlio del progettista della diga (opera ingegneristica che non subì nessun danno dalla frana), e che fu il primo a scoprire l’esistenza di una paleofrana sul Monte Toc.
Inoltre Semenza, pur essendo lo scopritore della frana sottolinea l’estrema complessità del suo innesco, e il fatto che solo negli ultimi anni grazie ai progressi della geotecnica si è arrivati a capirne la dinamica, sminuendo in qualche modo la sua prevedibilità. Uno sguardo diverso, quello di Semenza, che aiuta molto ad avere una visione più completa su quanto accadde quel 9 ottobre del 1963.
Molti altri sono i libri e gli scritti sulla vicenda, mentre in questi giorni è possibile visitare a Padova, poi a Bologna e Ferrara, una mostra itinerante che spiega, con foto e grafici, oltre che con spiegazioni tecniche comprensibili per tutti, ciò che accadde. La mostra è consultabile anche a quest’indirizzo.