La strage del Vajont e la Legge 101/2011

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vajont03Domani, 9 ottobre 2013, ricorre il 50° Anniversario della Grande Frana del Vajont, oggi commemoriamo la strage di duemila innocenti e ricordiamo tutte le vittime dei disastri ambientali e industriali.

La Legge 101/2011 all’art.1 sancisce: “La Repubblica  riconosce  il  giorno  9  ottobre  come  Giornata nazionale  in  memoria  delle  vittime  dei  disastri  ambientali   e industriali causati dall’incuria dell’uomo”; all’art.2 “In occasione della Giornata  nazionale  di  cui  all’articolo  1 possono essere organizzati sul territorio nazionale,  senza  nuovi  o maggiori oneri  a  carico  della  finanza  pubblica,  manifestazioni, cerimonie, incontri e momenti comuni di ricordo dei fatti accaduti  e di riflessione sui fatti medesimi, anche nelle scuole di ogni  ordine e grado, al  fine  di  promuovere  attivita’  di  informazione  e  di sensibilizzazione e di sviluppare  una  maggiore  consapevolezza  dei rischi  connessi  ad  interventi  che  alterano  gli  equilibri   del territorio e della necessita’ di tutelare  il  patrimonio  ambientale del Paese.”
“Due riflessioni su questo importante evento. La prima: ma qualcuno si è ricordato di questa celebrazione?…La seconda riflessione…Ma davvero per i disastri ambientali e industriali si può oggi ragionevolmente parlare di “incuria”? A iniziare dalla tragedia del Vajont che ha dato origine a questa iniziativa di memoria. Ma davvero nel Vajont è stata solo “incuria”?”, si chiede il Dott. Maurizio Santoloci, Magistrato in Cassazione (www.dirittoambiente.net).

a legge parla di incuria e per incuria si intende “l’abituale atteggiamento passivo nei confronti di obblighi o doveri, dovuto a pigrizia o insensibilità, che implica un danno nell’interesse proprio o altrui”. Prosegue il Magistrato Santoloci “Francamente, ci sembra voler liquidare in modo un po’ troppo riduttivo un qualcosa che ha trovato cause e radici in ben altre realtà di responsabilità individuali e collettive”.

Informare, sensibilizzare, contribuire alla conoscenza della storia della Catastrofe del Vajont : questo era l’obiettivo che il Geologo Alvaro Valdinucci, Funzionario del Servizio Geologico d’Italia,  e il Geologo Riccardo Massimiliano Menotti, Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche si erano prefissati più di vent’anni or sono.  Lo studio dei documenti,  il riesame delle relazioni anche inedite che lo stesso Valdinucci aveva stilato all’epoca per servire alla Commissione Parlamentare e alla ricostruzione, e la consultazione della bibliografia tecnico-scientifica, giuridico-legale e giornalistica sono state la base che nel 1993, nel trentennale della Strage de Vajont, costituì l’asse portante del saggio “9 ottobre 1963 La FRANA  DEL  VAJONT – Memoria storica di una catastrofe prevedibile”.

Un centinaio di cartelle, poche figure, una bibliografia essenziale, nel 1993 non trovarono l’editore,soltanto il periodico Verde Ambiente pubblicò (n.6/1994) una sintesi dal titolo “La frana del Vajont”, citata nella spettacolo teatrale “Il racconto del Vajont” di Marco Paolini. Ed è Marco Paolini che ha il grande merito di aver risvegliato le coscienze, di aver fatto conoscere agli Italiani la storia “di una delle più grandi sciagure provocate dall’uomo”, di aver portato il suo monologo alla ribalta televisiva…di aver reso omaggio ai morti e ai sopravvissuti. Nel 1995 muore Alvaro Valdinucci, il Vajont non era stato dimenticato!

Nel cinquantesimo anniversario del Vajont Menotti ripropone la “storia”, così come Valdinucci l’aveva impostata: la ricerca “sul disastro o meglio sulla “strage” del Vajont…, per una rigorosa ricostruzione dei fatti”. La propone al Sindaco di Longarone, senza risposta, alla Fondazione Vajont, senza risposta, al Consiglio Nazionale dei Geologi che trova forti resistenze interne, che chiede delle rettifiche del testo, che chiede la liberatoria per la stampa e finalmente tramite la Fondazione centro studi CNG il manoscritto va in stampa.

L’elenco dei nomi di scienziati italiani e stranieri, tecnici, ingegneri, geologi, geofisici, politici, coinvolti a vario titolo nella vicenda è pubblicato e conosciuto, si mettono in evidenza il Prof. Giorgio Dal Piaz, consulente per lo studio geologico dell’invaso, che fa presente al committente S.A.D.E. “la penosa necessità d’integrare la assai magra pensione con proventi professionali” (lettera indirizzata all’Ing. Carlo Semenza, Progettista e Costruttore della Diga del Vajont, 25 ottobre 1948) e chiede sempre all’Ing. Carlo Semenza: “Abbia la cortesia di mandarmi il testo di quella (dichiarazione per l’alto Vajont) ch’Ella mi ha esposto a voce, che mi pareva molto felice.” (lettera datata 6 febbraio 1957); fra i Geologi spicca la figura del Prof. Floriano Calvino, unico del mondo accademico italiano, che accettò di far parte del secondo collegio peritale, nominato dal Giudice Istruttore Mario Fabbri (23 giugno 1966).
Quel collegio peritale che ribaltò le conclusioni del precedente collegio fra i cui periti troviamo il Prof. Ardito Desio, strenuo difensore della tesi dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità del fenomeno franoso, e le cui conclusioni non avevano convinto il Giudice Fabbri. Si deve alla fermezza del Giudice Istruttore Mario Fabbri se il processo, spostato dalla sua sede naturale di Belluno e trasferito per legittima suspicione a L’Aquila, portò in appello la condanna per  omicidio colposo plurimo con l’aggravante della prevedibilità per l’Ing. A. Biadene, direttore del servizio costruzioni idrauliche della S.A.D.E., e per l’Ing. F. Sensidoni, ispettore generale del Genio Civile e componente della commissione di collaudo della diga, e terminò in Cassazione, a quindici giorni dalla prescrizione, con la condanna definitiva per Biadene e Sensidoni,

La verità sulla Frana del Vajont è scritta nella sentenza della Corte d’Appello del L’Aquila e della Corte di Cassazione che hanno riconosciuto la prevedibilità dell’evento.

Una nota la merita, fra i politici,  l’Avv. Giovanni Leone che da Presidente del Consiglio, quasi piangendo, promise giustizia alle famiglie delle vittime e poi da semplice deputato, in qualità di Avvocato, accettò di difendere i dirigenti della SADE-ENEL, sostenendo la tesi che non è stata la frana a uccidere “ma soltanto l’inondazione per cui l’evento non può essere addebitato all’agente, cioè alla Sade-Enel”.

Nell’articolo pubblicato su La Repubblica del 22 settembre scorso, Marco Paolini nel titolo sottolinea la condivisibile realtà “sono passati cinquant’anni ma non abbiamo imparato la lezione”, “si interroga sulle responsabilità di scienza, media e politica”, parla del ruolo subalterno della geologia all’ingegneria, esprime il suo punto di vista sulla sentenza di condanna emessa dal Tribunale del L’Aquila nei confronti della Commissione Grandi Rischi a seguito del terremoto che sconvolse L’Aquila il 6 aprile 2009: il Prof. Enzo Boschi, Geofisico, all’epoca Componente della Commissione Grandi Rischi ha replicato, La Repubblica ha negato il diritto di replica, il Foglietto dell’USI Ricerca, ha pubblicato la risposta (www.usirdbricerca.info/): “un articolo lungo come quello di Paolini” scrive Boschi “Quella che gli Aquilani hanno sentito come rassicurazione è riconducibile ad una dichiarazione del Vice Capo della PC fatta prima della riunione della CGR a una TV, della quale io ho avuto notizia solo con il processo”. E per quanto riguarda il ruolo subalterno della geologia all’ingegneria, non è questione di Scienza ma di tecnici, scienziati e professori asserviti al potere economico-imprenditoriale e al potere politico, ingranaggi di un “sistema sociale basato sul profitto, causa prima delle catastrofi”!

Quante catastrofi, quanti morti, quante leggi disattese, quanti eventi dimenticati, quanti omessi controlli, quello che segue non è l’elenco completo ma un triste e drammatico pro memoria: alluvione di Firenze 4 novembre 1966, alluvione del Polesine 5 novembre 1966, 29 giugno 2009 il  treno cisterna esplode strage a Viareggio, il cedimento dei bacini in Val di Stava il 19 luglio 1985, l’ILVA di Taranto, le colate di fango di Sarno e Quindici nel 1998, l’esplosione del silos vicino a Fossano Cuneo 16 luglio 2007, le alluvioni delle Cinque Terre e di Genova del 2011, strage a Mestre per inquinamento industriale,  l’alluvione in Piemonte nel 1994 e nel 2000, l’ACNA in Val Bormida 1999, processo Eternit , crollo della scuola di San Giuliano di Puglia terremoto del Molise 31 ottobre 2002, l’alluvione e le frane di Messina nel 2009, il terremoto del L’Aquila del 6 aprile 2009, Torino incendio alle Acciaierie ThyssenKrupp 7 dicembre 2007…

“E penso alle frane e alle alluvioni che travolgono tutto e tutti. Ma davvero la terra e l’acqua vengono giù solo perché qualcuno ha posto in essere delle “incurie”?…No. La verità scomoda -che quasi nessuno ricorda o fa finta di ricordare- è che tutto questo è il frutto amaro di decenni di malgoverno e cattiva gestione del territorio, considerato solo terreno (edificabile), e delle risorse naturali (viste solo come materie prime per cementificare, scaricare, prelevare e produrre)…Abbiamo poi cementificato gli argini, trasformato fiumi e torrenti in canali innaturali. E –violando ogni vincolo e logica elementare- abbiamo costruito dentro gli argini dei fiumi, sulle rive, ovunque…Ammesso poi che qualcuno abbia celebrato questa giornata almeno tra i giovani.” È sempre Il Magistrato Santoloci che scrive.

Per i giovani c’è l’impegno del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Ing. Maria Chiara Carrozza, che intervenuta a Longarone domenica 29 settembre, ha promesso che la storia della tragedia del Vajont sarà inserita nei testi scolastici, dichiarando che “E’ sicuramente istruttivo il caso del Vajont perché racconta il rapporto fra lo sviluppo tecnologico e l’ambiente”.

In sponda destra, lungo la strada che risale il Vajont una lunga teoria di bandierine triangolari colorate, seicento nomi di bambini, le 467 piccole vittime del 9 ottobre 1963, insieme ai bambini della Scuola Numero Uno di Beslan in Ossezia del Nord, massacrati tra il 1 e 4 settembre del 2004 nello scontro tra i Ceceni e le truppe speciali russe, ancora due nomi per non dimenticare Francesca e Sara, 13 e 14 anni, investite mortalmente dal crollo di alcuni blocchi di roccia tufacea a Ventotene il 21 aprile 2010. Nell’occasione il Prof. Vincenzo Morra, Dipartimento di Scienze della Terra  dell’Università di Napoli, dichiarò testualmente: “Abbiamo effettuato la mappatura litologica, vulcanologica dell’Isola di Ventotene 10-15 anni fa…ma questi studi vengono fatti a livello accademico…questi eventi purtroppo sono assolutamente imprevedibili…”

Nel vecchio Cimitero di Longarone, sulla lapide voluta da “Luigino, marito di Giovanna e padre di Gianni, Maurizio e Roberto, sette, sei e quattro anni” è inciso “BARBARAMENTE E VILMENTE TRUCIDATI PER LEGGEREZZA E CUPIDIGIA UMANA, ATTENDONO INVANO GIUSTIZIA PER L’INFAME COLPA. ECCIDIO PREMEDITATO”.

…della lapide, nel nuovo Cimitero non c’è traccia…esorto il Sindaco di Longarone Roberto Padrin a ricollocare la lapide, Riccardo Massimiliano Menotti e tanti Italiani la pensano come Luigino.

La Diga del Vajont, i paesi di Casso e di Erto resteranno “monumenti a vergogna perenne della scienza e della politica”.

Geol. Riccardo Massimiliano Menotti.

Primo Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche

IFAC-CNR Area di Ricerca di Firenze

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