In Italia un paziente su dieci colpito da psoriasi ha pensato almeno una volta al suicidio. E’ l’allarmente quadro che emerge dalla presentazione della prima indagine sul percorso assistenziale dei pazienti promossa da Adipso (Associazione per la difesa degli psorisiaci), in corso a Roma, in occasione della Giornata mondiale che si celebra il 29 ottobre. “Al momento – precisano gli esperti – in Italia non risultano casi di suicidio. Certo e’ che siamo di fronte a situazioni pericolose causate dalla discriminazione e dalla stigmatizzazione sociale cui i malati sono sottoposti, come accade per coloro che la pelle l’hanno solo di un colore diverso”. La psoriasi si conferma un disturbo difficile da sopportare: il 43% dei malati accusa ansia e depressione; il 58% vergogna; il 20% disturbi del sonno; il 30% limitazioni nelle attivita’ all’aria aperta (30%), come il nuoto in piscina o una banale attivita’ in palestra. Dati confermati dai piu’ recenti studi internazionali: in piu’ del 60% dei malati gravi, con una prevalenza di donne, la psoriasi e’ causa di ansia e stati depressivi anche importanti, tanto da manifestare nel 10% dei casi idee suicide. A sottovalutare per primo il disturbo e’ lo stesso malato (46%), che inizialmente cerca di curarsi da solo (25%) anche perche’ non sa a chi rivolgersi (oltre il 20%). A seguire la sottovaluta il medico di famiglia, che pur diagnosticandola correttamente (nel 48% dei casi, il 20% sbaglia) non invia il paziente a un centro di riferimento (solo il 15% lo fa), ma si limita a prescrivere una visita da un dermatologo (16%), allungando tempi e costi, per il paziente e per il sistema sanitario. Presa coscienza del problema, comunque solo il 32% dei pazienti si rivolge subito al centro di riferimento regionale. Infine la sottovalutano le Istituzioni, nazionali e regionali, e quindi la societa’. “Abbattere il muro della discriminazione e della stigmatizzazione sociale a cui si e’ sottoposti a causa della malattia – spiega Mara Maccarone, presidente dell’Adipso – e’ proprio il principale obiettivo della nostra associazione. Occorre portare a conoscenza di tutti che la psoriasi puo’ essere adeguatamente curata e controllata attraverso interventi terapeutici personalizzati, presso i centri specialistici presenti in diverse regioni del territorio, in grado di migliorarne o arrestarne il decorso. Oggi esistono cure efficaci che aiutano a tenere sotto controllo la malattia. Purtroppo il problema, che non e’ stato ancora risolto, e’ la disomogeneizzazione da parte delle Regioni nel far curare i loro cittadini affetti da questa patologia cosi’ importante e di forte impatto sociale. Ci sono inoltre novita’ che stanno emergendo nel campo delle genetica che cercano di fare luce sui fattori che determinano la malattia”. “Nell’approccio e trattamento della psoriasi – conferma Sergio Chimenti, direttore della Clinica dermatologica dell’Universita’ degli Studi di Roma Tor Vergata – non puo’ essere sottovalutato l’importante impatto psicologico correlato alla difficolta’ di accettazione della malattia e al significativo peggioramento della qualita’ della vita. I piu’ recenti studi internazionali hanno infatti attestato che in piu’ del 60% dei pazienti psoriasici, con una prevalenza di donne, la malattia e’ causa di ansia e stati depressivi anche importanti, tanto da manifestare nel 10% dei casi idee suicide. Al fine di controllare meglio questa possibile evoluzione della malattia verso un disagio psico-emotivo, alla prima comparsa di macchie cutanee piu’ o meno estese, localizzate principalmente sulle ginocchia, sui gomiti e sull’osso sacro (ma non sono escluse anche altre aree del copro quali il cuoio capelluto, le unghie e la lingua), occorre rivolgersi tempestivamente ad uno specialista”. “La psoriasi, infatti – aggiunge Roberto Perricone, direttore Uoc Reumatologia Uoc Allergologia e Immunologia clinica del Policlinico Tor Vergata di Roma – puo’ avere anche un risvolto grave e invalidante, rappresentato dall’evoluzione verso l’artrite psoriasica, ossia uno stato infiammatorio cronico che interessa le articolazioni, che si verifica all’incirca nel 30% dei casi, generato dalla natura immunologica della malattia. L’artrite psoriasica se non viene adeguatamente riconosciuta, diagnosticata e trattata alla comparsa di dolori o limitazioni articolari anche sfumati, puo’ portare a una importante riduzione dell’autonomia della persona fino all’incapacita’ di svolgere le normali attivita’ quotidiane, di occuparsi della cura della propria persona o di perseguire gli impegni professionali”. Molto, nella gestione della malattia, dipende anche dai comportamenti personali e dallo stile di vita condotto. “Non fumare e avere un regime alimentare corretto – spiega Mauro Picardo, responsabile della Fisiopatologia cutanea dell’Istituto dermatologico San Gallicano Irccs di Roma – consente una migliore gestione della malattia. Diversi studi, anche italiani, hanno infatti dimostrato che un regime dietetico che riduca gli alimenti ricchi di grassi saturi (burro, latticini, formaggi e insaccati), la carne rossa per il contenuto di Omega 6 e aumenti la quantita’ di pesce (gli Omega 3 svolgono una azione antinfiammatoria) e mantenga o incrementi l’apporto di frutta e verdura, a favore del miglioramento dell’aspetto metabolico, puo’ contribuire, indipendentemente dal tipo di terapia assunta, a prevenire l’insorgenza delle recidive o a ridurne l’incidenza e a migliorare la risposta al trattamento”. Secondo l’esperto, “fondamentale e’ anche l’abolizione del fumo di sigaretta (mentre oggi fumano o hanno fumato all’incirca il 70% dei pazienti con psoriasi), per evitare la compromissione della malattia e la minore risposta ai trattamenti sia tradizionali che biologici. A queste abitudini deve essere affiancata regolare attivita’ fisica con buone camminate o del jogging o una modica attivita’ in palestra”.