Il tifone “Wipha” che nei giorni scorsi ha spazzato il Giappone ha permesso l’archiviazione anche di record meteorologi molto importanti per la storia climatica del paese del Sol Levante. Dopo aver scaricato un quantitativo di pioggia record, nell’arco delle 24 ore, sull’isola di Izu Oshima, dove sono caduti ben 824 mm (una autentica valanga d’acqua che ha sommerso l’intera isola), i resti dell’ex tifone, muovendosi verso nord, hanno aspirato un robusto blocco di aria molto fredda, d’estrazione artico continentale, successivamente marittimizzata sopra le più calde acque superficiali del mar del Giappone, che ha investito in pieno l’isola settentrionale di Hokkaido, dove si sono verificate delle sorprendenti nevicate fino a bassa quota, lungo le coste occidentali e settentrionali. Per l’isola di Hokkaido, difatti, è molto raro vedere le prime nevicate a bassa quota già nella seconda decade di Ottobre. L’ultimo evento nevoso cosi prematuro, in Ottobre, risale proprio al 18 Ottobre del 1957, quando la neve tinse di bianco buona parte della fascia costiera dell’Hokkaido.
In quell’occasione caddero oltre 20 cm a Asahikawa che detiene il record anche dei fiocchi più prematuri in pianura, un 22 Settembre. Stavolta la nevicata è risultata molto meno intensa, ma è riuscita comunque a lasciare i primi depositi di neve al suolo. In questo caso le nevicate premature sulle coste dell’Hokkaido sono state favorite proprio dal transito dei resti del tifone “Wipha” che è transitato davanti le coste orientali dell’isola di Honshù. La profonda circolazione depressionaria è stata prontamente agganciata in quota dal flusso perturbato principale, delle medie e alte latitudini, che dall’estremo oriente russo e dalla Siberia orientale si versa sopra le fredde acque del Pacifico settentrionale. Le forti correnti in quota, assieme all’apporto di aria molto fredda proveniente dagli altopiani della Siberia orientale, hanno riempito il profondo vortice ciclonico di aria piuttosto fredda, lungo il suo bordo più occidentale, facendo perdere ad esso tutte le sue origini tropicali. In poche ore i resti dell’ex tifone si sono rapidamente evoluti in una profonda circolazione depressionaria extratropicale che si è mossa verso nord/nord-est, portandosi nel tratto di oceano ad est della penisola della Kamchatka, con un profondissimo minimo barico al suolo, stimato intorno i 960 hpa, che ha reso il “gradiente barico orizzontale” piuttosto esplosivo attorno la tempesta.
Il sistema, difatti, è passato da uno status “barotropico” (tipico dei cicloni tropicali) a uno puramente “baroclino” (caratteristico delle depressioni e dei cicloni delle medie latitudini), con tanto di “gradiente termico orizzontale“ e “verticale“ in ulteriore netta intensificazione all‘interno del profondo ciclone. La profonda circolazione depressionaria, che ha cominciato ad assumere uno status extratropicale, spostandosi verso nord, in direzione della penisola della Kamchatka, ha richiamato masse d’aria piuttosto fredde che dall’altopiano della Siberia orientale si sono riversate fra il mare di Ohotsk e il mar del Giappone settentrionale, attraverso intensi venti da NO e O-NO, divenuti a tratti anche burrascosi. Scorrendo al di sopra delle più tiepide acque superficiali del mare di Ohotsk e del mar del Giappone, l’aria molto fredda si riscalda e si carica di umidità fin dagli strati più bassi, instabilizzandosi al proprio interno e determinando la rapida formazione di estesi corpi nuvolosi cumuliformi (cumulonembi) che vanno ad impattare e addossarsi sui rilievi più elevati dell’isola di Hokkaido e Honshù, determinando fitti rovesci e temporali nevosi sulle coste occidentali di tali isole. Bisogna anche dire che l’aria fredda siberiana, pur umidificandosi, è costretta a transitare sopra un tratto di mare non molto ampio, tanto da raggiungere le coste occidentali nipponiche conservando buona parte delle proprie origine gelide, specie negli strati più alti, dove la massa d’aria presenta molto spesso un nucleo molto gelido che instabilizza l’intera colonna d’aria. Questo alimenta l’attività convettiva (correnti ascensionali) e la formazione di imponenti annuvolamenti cumuliformi che danno la stura a rovesci e temporali, che assumono carattere nevoso fin sulle coste. In questi casi è rilevante anche la presenza dei rilievi piuttosto elevati sulle aree più interne dell’isola di Honshù e Hokkaido (le Alpi giapponesi) che costringono le masse d’aria fredde, di lontane origini siberiane, a sollevarsi per raffreddarsi e condensarsi, favorendo la genesi di grandi annuvolamenti lungo il versante occidentale, affacciato al mar del Giappone.
Non è un caso se l’isola di Hokkaido detiene le località costiere più nevose della Terra. In genere, nel periodo invernale, fra Dicembre e Marzo,le grandi nevicate si concentrano sulla parte occidentale di Hokkaido e di Honshù, mentre le coste orientali rimangono in piena “ombra pluviometrica”, in presenza di correnti da Ovest, O-NO o NO. Dal punto di vista “teleconnettivo” si è visto che i grandi eventi nevosi sulle coste di Hokkaido si manifestano con particolare frequenza durante gli anni di “Nina”. Questo perché la “La Nina”, con la sua azione, determina un sensibile riscaldamento delle acque superficiali del Pacifico tropicale occidentale, nel tratto a sud dell’arcipelago giapponese, davanti Taiwan. Questo intenso riscaldamento favorisce la stagnazione di masse d’aria molto più calde e umide nel tratto di oceano poco a sud del Giappone. Le masse d’aria calde e umide della fascia tropicale spesso vengono costrette, dalle particolari configurazioni bariche (saccature o profondi cicloni extratropicali che avanzano dalla penisola di Corea), a salire verso le isole di Kyushu, Shikoku e il sud di Honshù, interagendo con le più fredde correnti, da O-NO e NO, che dall’altopiano siberiano scivolano verso il mar del Giappone e l’Hokkaido.
Quando le differenti masse d’aria si scontrano fra di loro si generano intensi moti convettivi che agevolano la formazione di grandi corpi nuvolosi cumuliformi, carichi di precipitazioni, lungo la linea di confluenza. In genere tale linea di confluenza, fra le differenti masse d’aria, si attesta tra il settore più meridionale del mar del Giappone e l’isola di Honshù, dove si verificano abbondanti precipitazioni nevose che possono coinvolgere pure le grandi metropoli della costa orientale, come la stessa capitale Tokyo, particolarmente avvezza alla “dama bianca” nei mesi invernali (ora molto meno). Le abbondanti nevicate incrementando pure il rischio valanghe, alcune anche di grosse dimensioni, che spesso minacciano i centri abitati. Per questo le autorità nipponiche spesso eseguono delle evacuazioni preventive. Del resto le masse nevose che cadono e si accumulano sui rilievi dell’isola di Hokkaido sono davvero ingenti, si parla di metri e metri. Bastano piccole turbolenze, prodotte da folate di vento o una semplice scossa tellurica moderata (che in questa zona del Giappone sono di casa) per generare valanghe gigantesche, in grado di seppellire case e abitazioni.