Una indagine preliminare su una lettera in cui si parla del disastro del Vajont in conseguenza di una sorta di ‘frana pilotata’, pubblicata da ‘Il Gazzettino’, e’ stata aperta dalla procura della Repubblica di Belluno. Nella lettera la figlia del notaio Isidoro Chiarelli, morto 9 anni fa, riferisce di un dialogo avvenuto nello studio notarile tra dirigenti della Sade in cui si parlava di pilotare il 9 ottobre il distacco della frana dal monte Toc facendola cadere nell’invaso senza bisogno di avvertire la popolazione.
”E’ una indagine preliminare – ha detto il procuratore della Repubblica di Belluno, Francesco Saverio Pavone, interpellato dall’ANSA – su questa circostanza di cui nessuno, a quanto pare, conosceva l’esistenza. E’ solo una indagine conoscitiva su una ipotesi che, se si dimostrasse essere vera, potrebbe cambiare la ricostruzione della storia. Tuttavia, allo stato, e’ solo una questione da verificare e non ci sono ne’ indagati ne’ ipotesi di reato”. Per il procuratore, si tratta di capire perche’ la vicenda ”emerge a 50 anni di distanza dalla tragedia. Nella lettera si parla anche di asserite pressioni che avrebbe subito il notaio al fine di impedirgli di parlare pubblicamente di quanto avrebbe appreso nel suo studio. Insomma, nel complesso e’ una storia che merita attenzione”.
Durante il dialogo tra i rappresentanti della Sade si sarebbe detto che tutti i residenti quella sera sarebbero stati davanti alla televisione per una partita di calcio, che l’onda avrebbe avuto una altezza massima di una trentina di metri e che ”per quei quattro montanari non e’ il caso di preoccuparsi troppo”. Sul piano dei possibili sviluppi dell’indagine preliminare, il magistrato ha detto che si trattera’ anche di capire quali possano essere stati i protagonisti del dialogo nello studio notarile, ricordando che, se mai in linea di ipotesi dovessero emergere circostanze legate a persone indagate all’epoca, per il Vajont c’e’ gia’ stato un iter processuale conclusosi con alcune condanne e che non si puo’ procedere nei confronti delle stesse persone per gli stessi reati giudicati. ”Allo stato, comunque – ha ricordato Pavone – dobbiamo capire perche’ questa vicenda emerge solo oggi”. Il magistrato nell’arco della giornata fara’ anche acquisire agli atti la deposizione resa dal notaio nel corso della fase processuale e depositata pare in uno dei faldoni del processo presso l’Archivio di Stato di Belluno. Il sindaco di Longarone, Roberto Padrin, ha riferito al quotidiano che la vicenda e’ ”sconvolgente”.