L’enorme frana che il 9 ottobre 1963 cadde nell’invaso artificiale del Vajont provocando uno dei disastri idrogeologici peggiori del Novecento, aveva una storia antica. Si trattava infatti di una paleofrana, cioè di una frana preistorica staccatasi migliaia di anni prima, con un volume enorme che si era accumulato nella valle sbarrando il corso fluviale del torrente Vajont. Successivamente la vegetazione e l’erosione l’avevano “camuffata” facendola sembrare parte del versante della montagna.
La scoperta dell’esistenza di questa paleofrana venne fatta dal geologo Edoardo Semenza, figlio del progettista della diga del Vajont, Carlo Semenza. Il geologo aveva effettuato una serie di rilevamenti e osservazioni delle rocce sul versante nord del Monte Toc, la montagna situata in sinistra idrografica del torrente Vajont. Queste osservazioni gli fecero ipotizzare la presenza di una paleofrana del volume di 50 milioni di metri cubi. Più che un’ipotesi quella di Semenza era una vera e propria diagnosi, avallata da tantissimi dati raccolti sul campo e dall’osservazione della geomorfologia: le rocce si mostravano fratturate, con direzione degli strati “anomale” e non coincidenti con il resto del versante. Inoltre la morfologia si presentava molto irregolare. Semenza individuò anche, sempre dopo giorni e giorni di rilevamento sul terreno, l’antico piano di scorrimento della frana. Infine un’ ulteriore conferma della correttezza della sua tesi venne dall’individuazione di un antico alveo del fiume Vajont, completamente riempito dal corpo della frana, staccatasi probabilmente alla fine dell’ultima era glaciale, dopo lo scioglimento degli ultimi ghiacciai. L’enorme massa franosa si era dunque adagiata riempiendo l’intera valle, trovando in questo modo una nuova stabilità. Nel corso di migliaia di anni il torrente Vajont aveva però eroso il piede della frana, scavando una nuova valle fluviale e di fatto rendendo nuovamente instabile l’antica massa franosa. La creazione dell’ invaso artificiale ed altri eventi concomitanti che sono stati scoperti solo successivamente al ’63, hanno accelerato il processo di instabilità (regime delle precipitazioni, presenza di falde in pressione, lo svaso rapido del lago).
L’ipotesi della paleofrana formulata da Edoardo Semenza non venne purtroppo presa in considerazione dai geologi coinvolti nella realizzazione della diga. Solo dopo il 9 ottobre 1963 si è potuto vedere che aveva ragione.
Per saperne di più, esiste una bibliografia molto interessante che aiuta a comprendere la geologia della frana del Vajont, la sua storia e il perché si mobilizzò. Un primo avvicinamento al tema può essere fatto consultando la mostra “la storia del Vajont”, curata dall’Associazione Italiana di Geologia Applicata ed Ambientale e dal Consiglio Nazionale del Geologi. Molto interessante anche il libro da cui questa mostra trae le informazioni: “La Storia del Vajont”, del geologo Edoardo Semenza. Altri articoli, di carattere scientifico, che andrebbero letti sono i seguenti:
– Semenza E. & Ghirotti M. (2000) – History of 1963 Vaiont slide. The importance of the geological factors to recognize the ancient landslide. Bull. Eng.Geol. Env. 59,87-9;
– Hendron A. J., and Patton F.D. (1985) The Vaiont slide, a geotechnical analysis based on new geological observations of the failure surface Tech. Rep. GL-85–5, 2, Department of the Army, US Corps of Engineers, Washington, DC